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La cultura di massa

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Il cinema di Pulcinella

Sin dalla metà del secolo passato Pulcinella è protagonista in alcuni film e in altri ricopre parti non trascurabili. E’ quasi sempre una figura positiva, quella del comico che  diverte ma inaspettatamente svela altre volte un volto tragico e sacrificale per incarnare il senso di una napoletanità ferita e dolente. Il film Ferdinando I Re  di Napoli di Eduardo de Filippo e Franciolini, risalente al 1959, ma da allora costantemente presente sugli schermi e poi anche su Facebook, è una sublimazione antistorica, in chiave giacobina e risorgimentale, della figura di Pulcinella, e costituisce un altro aspetto dei cedimenti di de Filippo all’ ideologia progressista del tempo, peraltro in contraddizione con quello che il commediografo pensava e scriveva in quegli  anni su Pulcinella e con la condanna morale e politica della maschera espressa nel suo Figlio di Pulcinella.  Paradossalmente il Pulcinella del film di Luigi Magni, (‘O Re, 1988) nelle sue brevi apparizioni, in cui muore ucciso dai “piemontesi” mentre pronuncia parole di fuoco contro l’“invasione”, è vicino alla realtà storica assai più  del Pulcinella antiborbonico di de Filippo, almeno nel senso che le simpatie per i  Borboni non erano estranee al teatro tradizionale di Pulcinella napoletano, e non pochi suoi attori comici  dopo l’ unificazione seguirono la corte borbonica a Roma. Certamente Magni, a torto o a ragione, ha avallato più del giusto l’ immagine di un Pulcinella filoborbonico in tempi in cui la reazione dell’ “orgoglio meridionale” incoraggiava questo tipo di rappresentazioni, e ha influenzato più di de Filippo l’ immaginario collettivo di quegli anni a giudicare anche dal vivace dibattito comparso sul web.

Ben altro è il significato che Werner Schroeter nel suo film Nel Regno di Napoli del 1978 ha voluto vedere nella maschera  Pulcinella a cavallo della Vecchia che danza beffarda e oscena in una Napoli sopraffatta dall’ impotenza e dalla solitudine. E’ un film uscito dalla visione estrema di uno dei più interessanti registi tedeschi, che, innamorato di Napoli, ne ha rappresentato  il disagio della gente tra povertà, disoccupazione, violenza e disgregazione, alla vigilia dei movimenti di contestazione. Di questa situazione diventa simbolo – nelle intenzioni del regista – la maschera doppiache si carica nel film di valenze inquietanti: nella scena finale Francesca sta per morire per una sanguinosa ferita e tende le mani a Massimo, mentre il rullio di una marcetta precede l’ avanzare di Pulcinella sopra la Vecchia del Carnevale  e l’ elegante Pazzariello; le  maschere si fermano ed eseguono la consueta danza beffarda e carnale, poi vanno oltre, mentre Massimo si allontana per chiedere disperatamente aiuto in una Napoli deserta. 

Alfonso Brescia e Pietro Regnoli nel 1982 in Giuramento propongono un’ altra immagine di Pulcinella, interpretato nel film da Enzo Cannavale. Il Cetrulo  incarna, nello stile larmojant  della sceneggiata, la sua figura protettiva, fino al sacrificio supremo di sé, ereditata dall’ Ottocento romantico. La sua morte per salvare i suoi amici non rappresenta, come in Purificato, in Luigi Magni ed altri, la fine del Regno, ma la difficoltà di vivere in una città inquinata dalla malavita, esemplata nell’ uccisione dello stesso Pulcinella per mano del capo malavitoso ed esplicitata nel  “iatevenne” conclusivo pronunciato dalla Maschera. Questa interpretazione valse a Cannavale l’ appellativo  di “Pulcinella melanconico”. Su una tematica analoga lo stesso Brescia costruisce il film Il Mammasantissima  del 1979, in cui un guappo di quartiere da giustiziere diventa vittima di uno sfruttatore, che egli uccide vestito da Pulcinella con l’ aiuto di un nutrito gruppo di musicisti-Pulcinelli,  in veste di giustizieri.

Se i film di Brescia e di Cannavale influenzano frange della piccola borghesia, del proletariato e del sottoproletariato, perché  restituiscono loro in qualche modo l’ immagine che essi hanno di Pulcinella, il film Bella e perduta del giovane Pietro Marcello, uscito nel 2015,  conquista soprattutto il ceto dei colti.

Come altri, il film utilizza in maniera convincente il tema della devastazione prodotta dalla camorra nella terra dei fuochi e nel corpo della società civile, ma è soprattutto  un delizioso sviluppo moderno e onirico dei grandi temi pulcinelleschi della tradizione popolare riletta dalla cultura intellettuale: ritorna il Pulcinella  psicopompo, mediatore del viaggio tra la vita e la morte; il salvatore, soccorritore e guida degli umili e dei derelitti; il rapporto della maschera col mistero e col sacro; mentre lo  scacco finale e la  comicità delicata che attraversa il film  riconducono  la favola alla triste realtà della vita contemporanea.

Di diversa natura è il film L’ ultimo Pulcinella di Scaparro e Ranieri, uscito nel 2008. Maurizio Scaparro ritorna su Pulcinella, interpretato da Massimo Ranieri, in un film che è quasi il retroscena autobiografico dell’ opera teatrale  concepita nel 1987 in collaborazione con Manlio Santanelli.  Il film attualizza la trama del dramma che lo ha preceduto, e  lo stesso Scaparro invita a leggere entrambi  come “metafora del vivere dell’attore che si scuote dai malesseri meridionali, mette in piedi un’armata Brancaleone e, rifiutato in patria, sceglie come meta una capitale europea dove il teatro   è tradizionalmente un’istituzione. Napoli rappresenta i fermenti di un teatro di piazza, l’ inaccogliente sosta alle porte di Roma rafforza la struttura di compagnia di giro, e infine il traguardo parigino sembra far balenare la logica, auspicata ma condizionante, di un teatro stabile”.  Nel film  ha una sua centralità  la storia di un rapporto traumatico tra il figlio di Pulcinella,  che cerca il suo futuro lontano dalla sua città e il padre, artista di strada, che stenta la sopravvivenza recitando nelle piazza di Napoli le eterne trame pulcinellesche: un rapporto forse memore di un analogo  rapporto conflittuale  padre/figlio anticipato da Viviani, de Filippo e da altri napoletani, come emblema di un mondo in transizione e di conflitti generazionali, dentro la vita pulsante della Napoli contemporanea e le inquietudini delle banlieues parigine, dove padre e figlio tentano di approdare  a un’ intesa che alimenta un sogno di rinascita affidato al teatro.

La fucilazione di Pulcinella  di Nino Taranto

Nino Taranto non è un interprete costante della maschera di Pulcinella, pur dovendo molto, come de Filippo, alla tradizione pulcinellesca. Una sola volta, nel 1973, all’ età di 66 anni,  volle fare questa esperienza, che era il più vistoso sigillo della sua appartenenza alla cultura comica napoletana, interpretando una farsa musicale ottocentesca, La fucilazione di Pulcinella di Giacomo Marulli, derivata dal Birraio di Preston (e attribuita anche a Schiano e a Guarini). Era una trasposizione televisiva, recentemente  ripresentata da Rai Due, con la regia di Gennaro Magliulo,  in cui c’ è tutto il Pulcinella “riformato” dei tempi di Altavilla e Petito, con le libertà e le preferenze personali che le regole non scritte di questo teatro comico napoletano, governato dall’improvvisazione, consentiva agli attori.

Figaro qua, figaro là  di Totò

Anche se sono poco noti i trascorsi pulcinelleschi di Totò, è certo che egli nel 1940 accettò, sia pure recalcitrante, di interpretare il Cetrulo nella rivista Quando meno te l’ aspetti, riscuotendo scarsissimo successo. Altro esito ebbe la sua partecipazione, nel 1950, al film di Carlo Ludovico Bragaglia, Figaro qua, Figaro là: il barbiere di Siviglia, ossia Totò, non chiude la sua bottega di domenica, e per questo riceve una multa, ma un aristocratico si propone di aiutarlo a non pagarla, a condizione che la maschera faccia in modo che egli possa sposare la figlia del governatore. Totò riesce a infondere vita nuova a una trama obsoleta, vecchia di secoli, riproposta – secondo lo schema classico del teatro di Pulcinella – come parodia delle Nozze di Figaro.

Il rapporto di Totò con Pulcinella va comunque al di là di queste sporadiche esperienze. Se Totò è un punto d’ arrivo del teatro comico napoletano, Pulcinella, sintesi, a sua volta, originale di secoli di esperienze comiche napoletane, ha inequivocabilmente mediato il rapporto di Totò con questa tradizione, se è vero – condividiamo in questo il giudizio di Fofi che egli è “l’archivio dei lazzi di Pulcinella”, perché da Pulcinella “ha preso tutto l’ essenziale”.

Carosello napoletano di Giannini

Carosello napoletano, uscito nel 1954, è la versione cinematografica della omonima commedia di Giannini.  Il film ha vinto il Prix International al Festival di Cannes 1954.  Léonide Massine fa la parte di  Antonio Petito, Achille Millo è il figlio di Pulcinella, Sofia Loren è Sisina. “Nel film dal pianino del cantastorie – Paolo Stoppa – si diffondono le canzoni che illustrano le vicende storiche di Napoli. Dominazioni e liberazioni si alternano in coreografie di una vita all’aperto straordinariamente ricca di passioni ed attriti. Dinamismo scenografico e raffinato intreccio di voci dall’omonimo spettacolo passano nel film. Il pubblico di Cannes ne sancì il successo con “diciotto chiamate a schermo aperto ed una interminabile ovazione finale”. Nel film, da un teatro di guarattelle, sul molo, la voce “reumatica” del burattino Pulcinella sbeffeggia le maschere del Nord che sbarcano davanti al teatro San Carlino

Raccolto da terra da una tenera Colombina, il burattino si anima nel corpo di Léonide Massine, che, introducendosi nel San Carlino duella con Capitan Spaccatrippa armato di lazzi e parole non-senso, concludendo con una prolungata pernacchia. In fuga da fame e da altre ossessioni, Pulcinella precipita verso un pentolone fumante, ma viene afferrato da Pulcinelli simili a quelli di Giandomenico Tiepolo, alquanto fuligginosi, o meglio infernali. Pulcinella-Massine danza anche nel Paradiso terrestre dove, intorno all’albero, scodinzola un Pulcinella-serpente. Dopo il morso della mela, il danzatore partorisce dal suo ventre di ermafrodito un enorme uovo; poi Pulcinella viene espulso da quel luogo abbacinante e con la sua numerosa figliolanza, seguita da un cane pulcinellesco, si incammina per le strade del mondo. Il funambolico Pulcinella-Massine,  che pare senza peso, incontra la Morte, le scopre il volto e cade con un tonfo sulle tavole del San Carlino.  Su Antonio Petito-Massine cala il sipario e il Pulcinella  più amato dai Napoletani, esangue nel volto, affida la sua maschera al figlio, qualche istante prima del trapasso. Davanti al sipario chiuso, il figlio di Petito, nello sgomento generale annuncia: “Spettabile pubblico, Antonio Petito, mio padre, è morto, ma mi ha lasciato la sua maschera perché Pulcinella non lo possiamo far morire” (A.L.P.).

Le 99 disgrazie di Pulcinella di Rosi

Le 99 disgrazie di Pulcinella è uno dei primi film con Pulcinella, andato in onda nel giugno del 1956, con la regia di Francesco Rosi e un cast formato da Achille Millo nelle parte di Pulcinella, e, tra gli altri, Nino Manfredi, Aldo Giuffrè, Clara Bindi. 

Tarantella napoletana  di Mastrocinque

Tarantella napoletana era inizialmente una rivista, per la quale aveva scritto i testi Armando Curcio (1900-1957), ed è rimasta tale nella sua trasposizione nel film omonimo per opera di Camillo Mastrocinque nel 1953. L’ opera, riproposta negli ultimi anni, è un contenitore di frammenti del folklore napoletano, popolare e borghese, un’ antologia di caratteri, scene di genere, mestieri, tipologie sociali, musiche, canti, danze, rappresentati con gusto oleografico. Pulcinella, interpretato da Mario Frera, vi ha un ruolo centrale e dialoga con Colombina. Il film-rivista ha il merito di avere anticipato il più celebre Carosello napoletano di Ettore Giannini, che sarebbe uscito un anno dopo.

Ferdinando I Re di Napoli di Franciolini e Eduardo de Filippo

Il film Ferdinando I Re di Napoli esce nel 1959, con la regia di Franciolini e con Eduardo de Filippo interprete di Pulcinella. A Napoli, nel primo ‘800, il Cetrulo fa spettacolo all’aperto sbeffeggiando Ferdinando I di Borbone, libertino impenitente che, travestito da capo guappo, frequenta bettole dove gioca a carte facendo il mariuolo.  La miseria dilaga nel Regno, mentre il Re aspira ad essere beatificato da vivo elargendo favori ad un vescovo che non è neppure prete e Pulcinella lo copre pubblicamente di ridicolo sobillando il popolo affinché insorga, divulgando una canzone antimonarchica, che diventa l’inno dei repubblicani. Ferdinando fa cercare l’autore della canzone e Pulcinella, immaginando di essere arrestato, in un intenso dialogo con se stesso, scrive il suo necrologio, guardando la forca. Durante un suo spettacolo il re irrompe con i gendarmi, e gli annuncia  che sarà impiccato. Ne segue un serrato dialogo tra i due antagonisti, finchè Pulcinella solleva la maschera  per ribadire che, nonostante il cadere delle teste, lo spirito di Pulcinella resterà vivo perché “in ogni parte della terra i popoli vogliono essere liberi, felici e sazi”. Il finale è nello spirito della pulcinellata di sempre: Ferdinando fugge perché arrivano i francesi, e il popolo napoletano fa festa.

Il film è una sublimazione antistorica,  in chiave giacobina e risorgimentale, della figura di Pulcinella, che tuttavia  conferma magistralmente una parte importante della sua identità nel gioco verbale e gestuale, in cui la tradizione è  confermata, nel momento stesso in cui viene manipolata (A.L.P.). 

Nel Regno di Napoli  di Werner Schroeter

Con Verner Schroeter, entriamo Nel Regno di Napoli (1978). Tra le macerie dell’ultima guerra, a ridosso del porto, le famiglie Pagano e Gavioli si muovono in un affresco drammatico e insidioso. Infanzia, miseria e strenui tentativi di trovare una collocazione sociale sono sottolineati da brani di musica partenopea. Vittoria è sfiorata dalla vocazione religiosa, Massimo – suo fratello – insegue una prospettiva di riscatto sociale nei discorsi inconcludenti di un funzionario del Partito Comunista, inoltre è deluso da Francesca, la giovane che si prostituisce e non può dargli affetto. Ogni decennio è presentato a caratteri cubitali ma il montaggio del film scardina gli snodi temporali e biografici dei protagonisti. Alla soglia degli anni ’70, Vittoria è filo-americana, Massimo, uscendo dal carcere, torna a bussare alla porta del Partito Comunista alla ricerca di un lavoro. Dopo i movimenti di contestazione  e le rivendicazioni sociali di quegli anni, ritroviamo Massimo di spalle e in ombra, mentre un rullio precede l’avanzare di due figure della tradizione popolare napoletana: un Pazzariello e un Pulcinella a cavallo della Vecchia, seguiti da una piccola banda, si dirigono verso la chiesa di San Francesco di Paola.  Su quel sagrato, il Pulcinella con la gonna e la testa di una vecchia sull’addome compie una danza circolare prima di cadere mimando la morte. In un montaggio alternato vediamo Massimo riconoscere Francesca che gli si avvicina, barcolla e cade tendendogli le mani. Il Pazzariello con fra le mani il suo bastone, appena proteso verso il Pulcinella, gli gira intorno danzando, ondulando i fianchi con erotica eleganza. Il misterioso rituale pagano, che nei movimenti ritmici,  in mezzo alla folla in festa, mimava la copula e l’inseminazione nel centro storico di Napoli, nella trasfigurazione cinematografica di Schroeter assume nuovi significati. Nelle ultime immagini, Francesca giace morta su quel marmo sacro, Massimo fugge chiedendo aiuto e inascoltato (A.L.P.).

Il Mammasantissima di Brescia

Nel 1979 esce il film Il Mammasantissima di Alfonso Brescia, con Mario Merola in veste di un guappo di quartiere che si caccia nei guai per avere maltrattato e pubblicamente deriso l’ uomo dei pegni allo scopo di  proteggere una coppia di sposi. L’ impegnatore si vendica rapendo e stuprando la figlia di  Merola, che a sua volta si vendica uccidendo lo stupratore, vestito da Pulcinella e con l’ aiuto di una flotta di musicanti, vestiti allo stesso modo. Di grande suggestione la schiera dei musici-Pulcinelli, incarnazione del modo di sentire comune e perciò stesso in veste di giustizieri. Oltre che da Merola, Pulcinella è interpretato dal giovane Ciro Giorgio.

Giuramento di Brescia e Cannavale

Uscito nel 1982, regista Alfonso Brescia, che ha curato anche la sceneggiatura insieme a Pietro Regnoli, il film Giuramento ripropone trama, personaggi e valori della sceneggiata napoletana (bontà del cuore, famiglia, contrasto col “malamente”), insieme a scenette comiche e parti cantate. Pulcinella è interpretato da Enzo Cannavale, e i suoi amici “buoni” da Mario Merola e Nino D’ Angelo. Il Cetrulo  incarna, nello stile larmoiant  della sceneggiata, la figura protettiva, fino al sacrificio supremo di sé, ereditata per vie popolari delle tradizioni romantiche.

‘ O Re di Magni

La tragedia della fine del Regno di Napoli è risolta in una commedia familiare in cui la famiglia Borbone in esilio a Roma, dopo inutili tentativi, evocati con molta immaginazione,  di riconquistare il regno è allietata dalla nascita insperata di un erede. Il film, apparso nel 1988, con regia, soggetto e sceneggiatura di Luigi Magni, restituisce alla vicenda storica il suo lato umano, con una propensione a farlo inequivocabilmente filoborbonica. Per questo aspetto il film suscitò una vivace polemica al web. 

Il viaggio di Capitan  Fracassa di Scola e Troisi

Nella Francia del XVII secolo una Compagnia di teatranti guidata da Pulcinella durante il  viaggio per Parigi, dove dovrà incontrare il re Luigi XIII, si ferma nel castello diroccato dei  Sigognac, accolto dal giovane barone, ormai decaduto. Qui il vecchio servitore affida a Pulcinella il timido baroncino, perché lo conduca a Parigi, dove lo attende un radioso avvenire e per questo incarico gli offre cento scudi d’ oro. Gli eventi successivi si svolgono tra intrighi amorosi e avventure: il giovane aristocratico alla scuola di Pulcinella si rivela un ottimo spadaccino, ma viene ferito, e il Cetrulo cogli scudi che gli sono stati dati gli procura un cerusico che lo guarisce. Muore Matamoros, il baroncino lo sostituisce sulla scena con grande successo, che dando vita alla maschera di Capitan Fracassa, segna l’ allegro trionfo della Compagnia.  

Uscito nel 1990, Il film è una felice rappresentazione della vita dei comici ambulanti, nello spirito e nello stile riproposto e rinnovato della Commedia dell’ Arte. E’ tratto dal Capitaine Fracasse (1863) di Théofile Gautier, con la sostituzione di Scapino con Pulcinella interpretato da Troisi, che è anche la voce-narrante, e la regia di Ettore Scola. Pulcinella-Troisi si presenta con la gobba, nel suo ampio abito bianco, con disincantata saggezza dà lezioni di autorevolezza e dignità all’insicuro Sigognac, ma, quando è solo, sogna di servire un vero padrone; nelle difficoltà, con profonda malinconia riesce ad essere ironico ed autoironico. In scena ha movenze agilissime e il suo corpo sembra sparire tra le fitte pieghe del camicione. Talvolta i suoi discorsi si interrompono e al loro posto restano mimiche solo accennate. Troisi brilla in modo particolare quando si affida  al garbuglio  verbale, che ha ereditato dalla pulcinellata classica, in cui le parole si inceppano (Scafoglio) e “sembrano rifluire nel corpo dell’attore (…), tramutandosi  nei consueti gesti pulcinelleschi” (A.L.P.). 

L’ ultimo Pulcinella  di Scaparro e Ranieri

Con L’ultimo Pulcinella di Maurizio Scaparro (2009), Michelangelo-Massimo Ranieri nel 2008 lavora ancora interpretando Pulcinella nelle strade di Napoli. Francesco, suo figlio, fugge da lui e da una città in cui è difficile vivere. Michelangelo va a Parigi, dove, aiutato dal suo amico professore della Sorbona, trova suo figlio tra magrebini, francesi e italiani nelle banlieues in rivolta. Con la sua arte e non solo, coinvolge l’ex attrice di varietà, che vive come fuori dal tempo in un teatro abbandonato, e quell’arcipelago di giovani, multietnico e disgregato, per ridare vita a quel luogo preparando uno spettacolo. Scaparro fa leva sulla indubbia sensibilità di Massimo Ranieri il cui fuoco   è la maschera di Pulcinella. Per il regista “melodie e ritmi di terre diverse tutte non casualmente mediterranee ” possono suscitare la memoria di una “unione di Sud diversi”. Le medesime aperture e contaminazioni si registravano nella musica napoletana di quegli anni.

La maschera di Pulcinella, che, in questo ambito, come in varie altre culture, potenzia l’energia di chi la indossa, accentua anche l’aggressività e suscita, in tutti quelli che la vedono in azione, un sentire più intenso ed unificante. Durante le prove Francesco confida a suo padre di sentirsi un vigliacco; era fuggito da Napoli dopo aver assistito ad un omicidio di camorra senza denunciarlo. Quando la polizia invade il teatro durante le prove,  Massimo Ranieri – Pulcinella  convince il commissario a vedere un brano dello spettacolo e, al ritmo incalzante di Michelemmà, canta e danza frontalmente in postura dominante verso il commissario e verso lo spettatore del film. Anche nell’ultima violenta irruzione della polizia francese, che intima lo sgombero, minacciando di arrestare tutti, in una inquadratura ravvicinata, il commissario abbassa il casco antisommossa sul suo viso e, simmetricamente, Pulcinella riposiziona la sua maschera non prima di aver sfidato l’istituzione-polizia con uno sferzante saluto napoletano: “Salutame a’ soreta” (A.L.P.).

Bella  e  perduta di Pietro Marcello

Dopo il Pulcinella – ponte tra culture e periferie di metropoli europee – ci accostiamo a Bella e perduta  di Pietro Marcello (2015) che parte dalla reggia di Carditello, a pochi chilometri da Caserta. Tommaso Cestrone proteggeva quella tenuta borbonica dai saccheggi ed allevava un giovane bufalo salvato dalla morte. All’orizzonte della vicenda, roghi tossici e scontri con la polizia tormentano quel territorio. Dopo ostinate battaglie civili, nel 2013, Tommaso Cestrone muore, prima che il ministero rilevi quel sito. Il film comincia con sequenze oniriche, in cui un ministero immaginario, interpellato da uno scritto di Tommaso, invia Pulcinella in quei luoghi. Pulcinella non ha le caratteristiche del Cetrulo della tradizione barocca, né delle epoche successive. Tra fiaba e documentario, una modalità narrativa propria del “realismo magico” (René Marx);  Pulcinella ha un’andatura tipica di chi è legato alla terra ed un frasario essenziale, ma percepisce il fluire dei pensieri e delle parole di Sarchiapone, il giovane bufalo.

I due si incamminano per un  viaggio attraverso quei luoghi e incontrano personaggi trasognanti che sembrano sgorgare da quei paesaggi. Le immagini accompagnano le dolenti e rassegnate riflessioni del bufalo, cui dà la voce Elio Germano; l’intreccio che ne deriva denuncia indirettamente il disastro verso il quale corrono quei paesaggi e, per estensione, il pianeta. Pulcinella, quando si innamora, rinuncia alla maschera e non riesce più a sentire i pensieri di Sarchiapone che, inevitabilmente, viene dirottato verso la macellazione.  Nel film Pulcinella è interpretato da Sergio Vitolo, il regista Pietro Marcello ha scritto il testo insieme allo scrittore Maurizio Braucci (A.L.P.).   

The Wholly Family di Gilliam

Con The Wholly Family, di Terry Gilliam (2011), siamo a Napoli, nella zona dei Presepi. Una giovane coppia di turisti americani discute con nervosismo e perde di vista Jack, il proprio figlio. Lo ritrovano vicino al commerciante-Sergio Solli che mostra a Jack una composizione sotto la tipica e tradizionale campana di vetro, una Sacra Famiglia. Jack vuole a tutti i costi acquistare un piccolo Pulcinella; suo padre sostiene che porta fortuna solo se viene rubato, ma non conviene finire in galera per trafugarlo. In albergo, Jack viene  sgridato e mandato a letto senza cena. Complice la fame, nella notte, la statuina di Pulcinella (il ragazzo l’ha rubata) si anima nel corpo abnorme di Massimo De Luca che inghiotte Jack con il suo pancione. La vittima si ritrova nei paurosi sotterranei di Napoli. Pulcinella-De Luca mette a tavola Jack e gli serve appetitose pietanze sottraendole subito dopo il primo assaggio. 

Una masnada di Pulcinelli scatenati sottopongono il ragazzo a numerose e beffarde provocazioni che slittano verso una dimensione horror. Su due vassoi, offrono al ragazzo le teste decapitate dei suoi genitori con invitanti contorni. La fantasmagoria allucinatoria sembra placarsi al risveglio di Jack. E’ mattina e il ragazzo spinge il carrello della colazione nella camera dei genitori; ha il viso spalmato a metà di cioccolato e con il suo pigiama bianco si presenta come un Pulcinella. I genitori, che dormivano abbracciati, vengono conquistati da quella trovata e la mamma esclama: “Ti mangio!”. L’armonia del terzetto sembra un happy end ma Gilliam regista li immobilizza in statuette nella campana di vetro che si è vista all’inizio del film, confermando la cifra ludico-combinatoria e metalinguistica del suo cinema (A.L.P.).

Cinema di animazione

Quando il cinema di animazione è comparso tardi, come un po’ dovunque, a Napoli c’ era Pulcinella ad aspettarlo. E’ come dire che le nuove tecnologie non possono fare a meno della tradizione, o meglio si sposano con i suoi simboli più forti e radicati, operando una scelta accurata e sottoponendoli a un trattamento sofisticato di stilizzazione che li rende  nuovi e al tempo stesso riconoscibili. Gli autori dei cartoon utilizzano la tecnica del découpage, non sconosciuta all’ artigianato più raffinato dei secoli precedenti, per ritagliare la figura della maschera mediante  semplificazioni che aspirano a cogliere l’ essenza della sua forma: un percorso di stilizzazione che  restituisce in maniera essenziale la psicologia della fisiognomica e del gesto antico,  che l’animazione estende poi al movimento e alle voci, scarse e pressoché incomprensibili.

Totò Sapore e la magica storia della pizza (2003) dei Bennato e M. Forestieri

Pulcinella entra trionfalmente nell’ universo dei cartoon per opera di M. Forestieri e i Bennato, con la collaborazione di alcuni dei più noti personaggi del mondo artistico campano, e grazie a una fonte lontana, il racconto Il cuoco prigioniero di Roberto Piumini. Il film d’ animazione, ambientato nella Napoli del Settecento, “vede protagonista Totò, un giovane che sogna di diventare un grande cuoco,  ma che si limita a girare per le strade della città con il suo mandolino per distogliere la gente dalla fame, rallegrandola con le sue canzoni che parlano di piatti prelibati. Ma Vesuvia, la malvagia strega  fatta di magma incandescente, padrona del vulcano, non  sopporta l’ allegria dei napoletani e addita Totò come il principale portatore del buon umore. Quando Totò riceve in eredità quattro pentole magiche in grado di trasformare qualsiasi porcheria in buon cibo, diviene cuoco personale del re e si innamora della bella Confiance, ma a rovinare l’ idillio ci penserà la strega assieme al suo odioso servo Vincenzone, i quali finiranno per provocare persino la guerra tra Napoli e la Francia! Totò, aiutato da Pulcinella, con la sua fantasia inventerà la pizza e riuscirà a salvare la città dall’ assedio  nemico. Il film, colorato e divertente, vanta doppiatori come Mario Merola e Lello Arena, l’ intervento del trio Aldo Giovanni e Giacomo come dialoghisti e soprattutto i fratelli Bennato a curare la riuscitissima colonna sonora che individua la giusta armonia tra tradizione e modernità” (A. Bevilacqua).  

Oltre Napoli

Emanuele Luzzati e Giulio Gianini

Lele Luzzati, pittore, decoratore, illustratore, ceramista, scenografo specializzato nelle scene e nei costumi teatrali, deve la sua fama alla realizzazione di film e di cartoon, soprattutto con Pulcinella. Passando in rassegna la sua produzione luzzatiana di pannelli, tavole, locandine, manifesti, bozzetti e acquetinte dei suoi percorsi tra teatro musicale, cinema d’ animazione e grafica editoriale,  il critico Antonio Fiore (1987) scopre un Luzzati magico, “divertito esploratore dei sentieri incrociati della Commedia dell’ Arte, proprio là dove dramma e parodia si fanno groviglio inestricabile. Siamo dunque giunti al punto di partenza: al Pulcinella stilizzato eppure estroverso e viscerale che Luzzati incontrò quasi per gioco (un gioco essenzialmente  grafico) e di cui finì per innamorarsi. Un Pulcinella muto ed antipsicologico, nonché liberato dall’ antropologismo folklorico che pesa sul teatro  delle guarattelle: ed è su questa maschera imprevedibilmente nuova (elegante come la Gazza ladra, tenera come lo Scheimiele  inventato per Singer, travolgente come I paladini di Francia dell’ omonimo disegno animato col fido Gianini) che si immette la ricerca di Paolo Comentale e dei suoi collaboratori”.

Giulio Gianini, regista, direttore della fotografia, autore del cinema d’animazione, è associato soprattutto a Lele Luzzati, per il loro legame col teatro dei burattini e per la realizzazione di autentici capolavori della storia del cinema animato: fra questi La gazza ladra e Pulcinella, che hanno ricevuto due nominations agli Oscar (1964 e 1973) e innumerevoli premi in tanti festival internazionali. Luzzati e Gianini hanno firmato insieme molti lavori tra cui Omaggio a Rossini, Pulcinella e il pesce magico, Il flauto magico e L’uccello di fuoco.

Il protagonista è quasi sempre Pulcinella, quello delle guarattelle, il disegno animato del suo  doppio in movimento, che, cambiando genere, si è portato dietro buona parte della sua mercanzia scenica:  “si risveglia nel suo ischitano cubo bianco di calce come come Eduardo in casa Cupiello; è  perseguitato dalla sindrome di Pinocchio, materializzata da baffuti e impennacchiatissimi gendarmi; busca dalla moglie, mostruosa carceriera, botte da teatrino delle marionette, rassegnato ma pronto a ritrovare brio e gambe moltiplicandosi in infiniti suoi pari sulla scena (della vita?). Teatrino sì, ma con la qualità evanescente del sogno ingenuo nella fiorita tarantella e nell’ immancabile Vesuvio che esplode fuoco e fiamme e fumo” (M. Limone).

Omaggio a Rossini – Pulcinella  (1973) di Luzzati e Gianini

Pulcinella ha voglia di fuggire da una moglie ossessiva e liberarsi, almeno per un giorno, dello squallore della sua esistenza: la moglie lo caccia dal letto  e lo manda a lavorare, lui si consente qualche atto sconveniente, i carabinieri lo vedono e lo braccano, e lui cerca una via di fuga nel sogno. Sognando, Pulcinella,  finisce sulla Luna,  poi nel ventre del Vesuvio; alla fine, svegliandosi, si ritroverà nella sua casa, mangerà il pesce e si rimetterà a dormire. 

Pulcinella varietà (1986) di Luzzati e Gianini

Presentato a Bari dal Granteatrino. “Punto di partenza della rappresentazione è la celebre suite  Petruska di Igor Stravinsky, che costituisce la base sonora di una fiaba musicale dove il celebre balletto di Pulcinella, del Moro e della Ballerina viene ridefinito a partire dal contrasto tra Pulcinella e i suoi antagonisti di sempre:  la Morte e il Diavolo. La messa in scena è fondata sulla scoperta del teatrino come scatola magica: l’ alternarsi delle scene e delle luci, l’ aggiunta della musica, al ritmo di uno spettacolo tradizionale di burattini, conferiscono all’ insieme un tocco di avvincente modernità”. Le scene sono di Luzzati, la regia di Comentale.

Pulcinella e il pesce magico  (1981) di Luzzati e Gianini

Pulcinella vive poveramente con la moglie in una catapecchia su  una spiaggia. Un giorno che va a pescare prende un grosso pesce fatato, che lo supplica di risparmiarlo, promettendogli di appagare ogni suo desiderio. Pulcinella chiede  un piatto di spaghetti, lascia il pesce e torna a casa, la moglie si infuria per i piatti rimasti vuoti, che però improvvisamente si riempiono magicamente di maccheroni. I due chiedono poi al pesce due letti,  perché dormono sulla paglia, e li ottengono, poi, un tetto per la casa, e, in un crescendo interminabile di richieste, una dimora  degna, che poi  diventa un palazzo,  una reggia, che cresce sempre più in altezza e fasto. Poi mondanità e lusso faraonico, finché il pesce ci ripensa, e tutto va in frantumi, e si ritorna alle origini, a pescare il pese che stavolta finisce nel piatto.

Canzoni antiche e nuove

Delle canzoni cantate da (o dedicate a) Pulcinella nei primi due secoli della sua esistenza teatrale e carnevalesca sono pervenute ai nostri giorni pochi esemplari del Settecento, anche attraverso rielaborazioni ottocentesche, che attestano la continuità della loro presenza nel patrimonio musicale e canoro napoletano.  La Zeza era una azione cantata dei Carnevali campani, ma è stata usata, non solo ai nostri giorni, anche come una semplice canzone; la Palummella di Niccolò Piccinini e la Serenata di Pulcinella di Domenico Cimarosa provengono dal teatro e devono la loro fortuna odierna all’ essere state cantate da personaggi  come Roberto Murolo, Fausta Vetere, Peppe Barra, Massimo Ranieri.  Soprattutto queste ultime, per il livello della loro qualità, l’ antichità della loro storia, l’ intensità del canto affidata a esecuzioni di solito brillanti, hanno la fortuna che spetta ai classici della musica. Restituiscono a un pubblico di appassionati della maschera l’ immagine che  essi si sono fatti di Pulcinella innamorato, con le risorse di un dialetto napoletano caldo e immaginoso, che mescola tenerezza e desiderio.   

Delle numerose canzoni moderne in stile tradizionale dedicate a Pulcinella, che hanno avuto un certo successo di pubblico, ricordiamo quelle di Sergio Bruni, Sergio Leonardi, Libero Bovio (nell’ interpretazione di Massimo Ranieri). Alcune sono presenti in Facebook, ma non sono molto gettonate. Invece le canzoni moderne più seguite, soprattutto dai giovani, si esprimono nei nuovi linguaggi musicali, verbali e tematici. Di queste ultime sono autori dei testi e delle musiche, tra i quali si riconoscono non pochi giovani, Giuseppe Daniele, Claudio Mattone, Il Giardino dei Semplici, Totò Sapore, Eugenio Bennato, Giò Ferraiolo, i Punkreas, Radici nel Cemento, Damiano Rossi, Andrea Bocelli, Marcello, Siro Pillan e altri. Le canzoni sono interpretate da autori quasi sempre molto noti e molto cari ai napoletani e campani: Pino Daniele, Sal Da Vinci, Gigi D’ Alessio, Eugenio Bennato, Renzo Arbore, Mirna Doris.

I generi sono quelli oggi  più graditi soprattutto ai giovani: blues, rock pop, musical, rap, punk rap, reggae, operatic pop, world music, pop music. I segni del mutamento sono dati non solo dalla musica e dai linguaggi, ma anche dalle tematiche in larga misura nuove nelle argomentazioni e nei toni: Giuseppe e Pino Daniele annunciano che Pulcinella non è più quello che faceva solo divertire la gente, ma è sceso furioso in guerra e parla a tutti di libertà; il Giardino dei Semplici celebra la fine del vecchio patetico pulcinellismo, e annuncia che col ritorno di Pulcinella Napoli “vincerà”; in ‘A città ‘e Pulecenella il Cetrulo è presente nel titolo della canzone, che lo identifica con Napoli, ne fa l’ emblema della sua bellezza e la voce della denuncia dello scempio che di essa si è  fatto.  Nella sua autorappresentazione giocosa  e autoironica (Pulcinella cacofonico) la maschera  si identifica con i bisogni inappagati di Napoli, che fondano la verità degli stereotipi che circolano sulla città. La canzone dunque elabora una nuova visione di Pulcinella, che va dalla autocelebrazione del ribelle, libero di esprimere i suoi sentimenti (Pulcinella Rap), alla volontà di riscatto dal ruolo del perdente inscritto nel suo mistero (“chi porge l’ altra guancia / prende un’ altra sberla”). La canzone si fa critica sociale, per esprimere la rabbia dei giovani senza futuro, contro “il vecchio Pantalone / che tiene in scacco la nuova generazione” (Il paese di Pulcinella) e, per l’ ennesima volta, la lontananza delle istituzioni e il trionfo del malaffare (Requiem A  Pulcinella).    

Recuperi settecenteschi

La palummella di Murolo e della NCCP               

La Palummella, canzone ispirata ad un’ opera di Niccolò Piccinini del 1766, rielaborata circa un secolo dopo da Domenico Bolognese, ebbe grande fama, che crebbe nel tempo anche per merito di Antonio Petito, che ne fece il motivo ispiratore di una commedia del 1873, Palummella (ossia Colombina, moglie di Pulcinella). Nella seconda metà del Novecento fu interpretata da Roberto Murolo (1963) e da moltissimi altri tra i queli Pavarotti . Ampia diffusione ha ancora ai nostri giorni l’ interpretazione della Nuova Compagnia di Canto Popolare (Fausta Vetere, Roberto De Simone, G.Mauriello, Corrado Sfogli, Peppe Barra (1977).

La canzone di Zeza

La Canzone di Zeza è in realtà una scena carnevalesca cantata, dei Carnevali meridionali, soprattutto campani, di quali rimandiamo. Riprodotta e usata anche in passato come canzone vera e propria, è anche  riproposta nell’ interpretazione della Nuova Compagnia di Canto Popolare (1972) e come tale si è ripetuta fino ad oggi.

Serenata di Pulcinella

La Serenata di Pulcinella è di Domenico Cimarosa, ed è stata interpretata dal 1973 dalla Nuova Compagnia di Canto Popolare (R. De Simone, Bennato, Mauriello, Barra, Trampatti, Vetere, Areni), con l’ esecuzione di Enrico Canio ed ancora oggi ha una ampia diffusione,  grazie anche all’ interpretazione di Massimo Ranieri.

Canzoni moderne in stile tradizionale

Pulcinella di Andrea Bocelli

Pulcinella Napoli di Luigi Polge

Pulcinella di Anonimo Napoletano

“Napoli sei tu”: canzone d’ amore di Mimmo Vitale, come metafora del “ritorno” di Pulcinella nella Napoli di oggi.

‘A serenata ‘e Pulicinella di Bovio

‘A serenata ‘e Pulicinella  è un testo,  ampiamente diffuso, di Libero Bovio. Nell’ esecuzione  di Enrico Cannio, ha avuto come interprete  Massimo Ranieri già nel 1974. La canzone è stata rielaborata e interpretata da diversi cantanti napoletani, come Finizio (i986), ma non è andata oltre una diffusione media.

Pullecenella  di Parente-Bruni

Testo di Pallaggiano,  musica di Parente, interpretazione di Sergio Bruni (1954). Genere voce-chitarra.

Pulcinella  di  Polito

Testo di E. Polito-Bigazzi, musica di E. Polito (1969). Interpretazione di Sergio Leonardi. Genere pop.

Voci nuove

Suonno d’ajere di Pino Daniele

In Suonno d’ ajere (1977), testo e musica di Giuseppe Daniele, interprete Pino Daniele, cori e voce solista di Donatella Brighel, genere blues, si canta il ritorno di un nuovo, bellicoso Pulcinella, dimentico del “sonno di ieri”: “Tu nun si’ cchiù Pulecenella / facive ridere e pazzià’/ mo t’ arragge e pienze a’ guerra / e nce parle ‘e libertà”. La canzone ha ancora oggi ampia diffusione.

Pulcinella va del Giardino dei Semplici

Positivo anche il significato di Pulcinella va, musicata e  interpretata dal Giardino dei Semplici, con arrangiamento di Vince Tempera (1979): “Vecchio Pulcinella dove sei / svegliati, non piangere mai più / c’ è un coro di scugnizzi in tutta la città: / Napoli stavolta vincerà”. La canzone afferisce al genere rock pop ed è ancora molto ascoltata.

‘A città ‘e Pulecenella  di Claudio Mattone          

Il primato delle canzoni di cui ci stiamo occupando spetta a ‘A città ‘e Pulecenella, testo e musica di Claudio Mattone, scritta per il film Scugnizzi   del 1989, vincitrice del David di Donatello. Genere musical, è stata ripetutamente interpretata da Renzo Arbore, Neri per Caso,  Sal Da Vinci, Mario Merola, Mirna Doris, Gigi D’ Alessio, Fausto Cigliano.

Pulcinella cacofonico di Totò Sapore ed  Eugenio Bennato 

Di Pulcinella cacofonico  hanno curato il testo Totò Sapore ed Eugenio Bennato, e quest’ ultimo lo ha interpretato. Canzone del 2003, inconsueta e di diffusione media, ironica e autoironica: “Il mio stomaco è cacofonico,/ il mio timbro è telefonico,/ ma il mio sound è discografico / e il mio alito è petrolchimico, / perché il cibo è metafisico / e  lo stomaco è cacofonico, / perché sono lo stereotipo / più stereotipo che c’ è. / Stereotipo che significa? Tutta Napoli e cumm’a‘me”. Anche se diffusa come prodotto autonomo, la canzone risulta inserita, nello stesso anno 2003, nel film d’ animazione Totò Sapore e la magica storia della pizza.

Pulcinella Rap di Ferraiolo

Di un Pulcinella Rap ha curato il  testo e la musica il burattinaio Giò Ferraiolo, in collaborazione con Enzo Rampolla. Ferraiolo esegue la canzone descrivendo il Pulcinella burattino, “sfaticato”, “indisponente”, che non ha paura di non nascondere i suoi sentimenti. Nel video il cantante è accanto a un Pulcinella danzante, che seconda il ritmo del rap.

Il segreto di Pulcinella di Punkreas

E’ ancora la maschera del disincanto e della denuncia quella del Segreto di Pulcinella, autori e interpreti  i Punkreas (2012), che portano il Cetrulo nel genere Punk rock, vivacissimo come discorso e come linguaggio musicale: “Primo segreto di Pulcinella / il re ha lasciato il buco e mangia la ciambella / secondo segreto di Pulcinella / i fanti sempre a piedi e i comandanti in sella / terzo segreto di Pulcinella / soltanto Masaniello paga la ciambella / quarto segreto di Pulcinella / chi porge l’ altra guancia prende un’altra sberla”.

Il paese di Pulcinella di Radici nel Cemento

Entriamo nel genere reggae con Il paese di Pulcinella (2008), testo e musica  di Radici nel Cemento, molto apprezzati nella città.  Espressione, come la precedente, del punto di vista dei giovani e del loro disagio, la canzone dipinge in nero la condizione della città, approdando a un finale apocalittico: “Questo è il paese della buona cucina / del sole che splende mentre il resto va in rovina / ribalta perfetta per il vecchio Pantalone / che tiene dentro il sacco la nuova generazione / questa è  la terra del genio popolare / gettato alle ortiche e poi lasciato a macerare / ma torneremo presto anche più “poveri ma  belli” / se non si ferma subito la fuga dei cervelli!” 

R.A.P. (Requiem A Pulcinella) di Damiano Rossi

Il testo d’ esordio di R.A.P. (Requiem A Pulcinella), del 2017, è opera di Damiano Rossi, attore e rapper campano, ed ha come protagonista un Pulcinella che fa esplodere artisticamente la sua sofferenza e la sua rabbia per la sua terra abbandonata dalle istituzioni e devastata dall’ immondizia e dal malaffare. “Lo spettacolo è un flusso ritmico che fonde il parlato moderno delle liriche rap con i motivi e le variazioni linguistiche della nostra tradizione orale”. E’ “accompagnato dallo scratching di Ivan Alfio Sgroi e dalle incursioni polifoniche e fisiche di Tommaso Renzuto Iodice, con i modi di un griot contemporaneo e di una maschera antica” (…). L’ opera nasce all’ interno della Scuola Elementare del Teatro – Progetto di arte e inclusione sociale.  

Ricordiamo ancora: Che ne di Barbara Gilbo; Pullecenella  del gruppo  La Maschera (testo, musica, interpretazione di La Maschera, 2014. Diffusione media, genere world music); La palummella di Irene Fargo (testo di Vincenzo de Meglio, interpretato da Irene Fargo, 2015). Diffusione media, genere pop music); Pulcinella di Bocelli (autore e interprete Andrea Bocelli, 2008. Diffusione ampia, genere operatic pop): Pulcinella e altre faccende di Siro Pillan ( 2012).

Luigi Polge

Luigi Polge, autore, compositore e cantante con un seguito consistente a Napoli, ha interpretato Pulcinella Napoli al teatro Sannazzaro.

Ballata di Pulcinella di Marcello Ma

A Pulcinella si riconsegna, con accenti forti, la protesta dell’ ultima generazione. Canzone pop, in lingua italiana con inserti dialettali, molto seguita dai giovani. , di cui esprime un momento di rabbia.

Pulcinella nel fumetto

La presenza di Pulcinella nel fumetto è forse un segno vistoso della penetrazione della sua figura nella cultura di massa. La maggior parte di questi fumetti è opera di disegnatori locali. Si tratta di persone che hanno frequentato scuole ed istituti d’ arte e, in qualche caso, Università e Accademie, e risultano credibili sotto l’ aspetto professionale. Sono napoletani o campani, come quasi tutti i loro editori, e spesso pubblicano in proprio. Il raggio di diffusione dei loro prodotti è perciò limitato.

Pulcinella è di solito una figura positiva, che, liberata delle connotazioni grottesche, conserva della sua storia secolare la natura del benefattore, nella forma dell’ eroe difensore della città. In genere questa produzione mescola elementi della cultura locale con i temi, le mitologie e le paure che la narrativa contemporanea e, soprattutto, il cinema ha consegnato alla cultura di massa. La stessa figura di Pulcinella come eroe positivo sembra nascere dalla cultura delle “guarattelle” (con cui mantiene comunque alcuni legami), ma si sviluppa secondo moduli cinematografici: morti viventi, epidemie apocalittiche, guerre tra bande, e così via. La Maschera conserva della tradizione anche l’ aura di mistero (è l’ agente di una organizzazione segreta), grazie soprattutto all’ ambientazione delle sue storie nella città di Napoli, di cui riprendono alcuni aspetti emblematici di forte suggestione, come la vita nel sottosuolo e la camorra.

47 Dead Man Talkingn. 1.  Napol State of Zombie

Fumetto  comico-horror di Giampaolo Mele, disegnato da Andrea Errico, Claudio Avella, Marco Itri, Alessandro Miracolo e Davide Tinto, stampato a Napoli presso  l’ editore Artstedy nel 2013. Un’epidemia  trasforma la popolazione in morti viventi, in zombie,  decimando la popolazione. E’ colpita anche Napoli, dove compare Pulcinella zombie. Due amici, Carmine e Giuseppe, cercheranno di sottrarsi al contagio e salvarsi, scappando attraverso i cunicoli della Napoli sotterranea e i vicoli del Centro Storico.

47 Dead Man Talking, n. 2.  Vrenzole vs Kittammuorti

 In questo secondo numero, uscito nel 2014, si raccontano  le vicende di due gruppi, quello di Titina, ossia delle vrenzole (zombie), e il gruppo della paranza di Carmine e company. Entrambi i gruppi sono in cerca di un posto sicuro per salvarsi, e Pulcinella è “pronto a fare brandelli della carne delle vrenzole”.

47 Dead Man Talking, n. 3. The Spaghetti Zombie

Autore Giampaolo Mele, Disegnatori  Andrea Errico, Claudio Avella, Marco Itri, Alessandro Miracolo e Davide Tinto, Editore Artstedy, Napoli, 2005. Genere  Comico, horror. In questo terzo numero, ambientato a Napoli, si narrano  le avventure dei protagonisti super eroi, pronti a salvare le persone che amiamo.

Pulcinel …

Fumetto italiano comico-fantascientifico di Simone D’Angelo e Alessandro Mastroserio, disegnato da Mauro Emme Forte.  La maschera napoletana diventa un supereroe non dissimile dai supermen americani. Appartiene all’ organizzazione segreta Carnival, dalla quale è incaricato di proteggere Napoli e combattere i supercriminali  che dispongono di armi e risorse scientifiche con cui minacciano una distruzione di massa.

Martyn Mystère, n. 140 – Il segreto di Pulcinella

E’ uno dei pochi fumetti non napoletani, che ha una diffusione molto ampia. Mensile (da n. 1 a 278), bimestrale (da n. 279) dell’ editore Bonelli (Milano, dicembre 1982). E’ opera di Alfredo Castelli e Stefano Santarelli, disegnatori Rodolfo Torti e Giancarlo Alessandrini. Appartiene al genere giallo mitico, di ambientazione  partenopea. Il malvagio Sergei Orloff è riuscito di impossessarsi di una pergamena antica di gran valore, scovata tra gli scavi di Pompei. Martyn Mystère e il suo aiutante Java partono per Napoli per indagare sulla vicenda, ma si imbattono in alcuni camorristi che li minacciano con l’avvertimento di non ficcare il naso nel documento misterioso. Ma gli eroi senza timore continuano le loro ricerche e scoprono un passaggio segreto tra le rovine di Pompei che li condurrà ad altri misteri e vicende.

“Corriere dei Piccoli”- Le maschere di Carnevale, anno XLVIII, n. 7, febbraio 1956 (Supplemento del “Corriere della Sera”).

Autore Paola Lombroso Carrara, disegnatore  Gelsomina di Grazia Nidasio. Editore  Rizzoli, Roma, 1908.  Settimanale. Genere  comico pedagogico.  

“Corriere dei Piccoli”- Ti conosco mascherina, anno LVII, n. 9, 28 febbraio 1965 (Supplemento del Corriere della sera).

Autore  Paola Lombroso Carrara, Disegnatore Gelsomina di Grazia Nidasio, Editore Rizzoli, Roma,  1908. Settimanale. Genere comico Pedagogico.

Fumetti con Pulcinella sono ancora  “ Gli albi di Pulcinella” – Pulcinella Volante, n.4, 10 ottobre 1942; “Albi dell’ impavido”, n. 20, 1958.

Pulcinella  “De Sade”,  18 maggio 1973 – L’ oro di Pulcinella;  Pulcinelleide, Pulcinella a PietrarsaPulcinella e i fantasmi al castello di Baia di Giuseppe Mascolo.

Pulcinella va a Tokyo!

In un fumetto giapponese, poi diventato un cartone animato, è presente un personaggio ispirato dal Pulcinella napoletano (in giapponese “Puruchinera”), che fa parte del mondo di “Overlord”. Il suo abbigliamento riprende quello di Pulcinella con la copresenza del nero e del bianco, ma con stravolgimenti inattesi, come la maschera nera e il naso spropositatamente allungato che lo fanno somigliare al medico della peste delle tradizioni europee. E’, di fatto, un “trickster”, come il nostro Cetrulo, mescolanza di misericordia e crudeltà, gentilezza e follia, che comunque si propone di essere un eroe positivo che, a suo modo, fa il bene della gente.

“Datemi una mazza chiodata, una morning star, qualsiasi strumento di tortura, presto! Devo decimare la popolazione dagli occhi a mandorla, talmente a mandorla che non sanno cosa vedere!!!

Non si può andare avanti così! Gente, scioperate contro i manga, il pericolo più grande dopo la TV!

Non bastava che Go Nagai (anche se Maestro) avesse fregato la Divina Commedia per Mao Dante, Devilman e per la Divina Commedia Manga (Dibira Kohmmedìah) e che quell’altro tipo (non ricordo come si chiama e non ho intenzione di sapere chi sia, nemmeno se si tratti di Matsumoto) avesse scritto la versione manga di San Giuseppe da Copertino (no, non è un Santo fashion, ma un Santo che volava).

Ora nel paese del Sol Levante cosa si inventano? Inventano, poi… Cosa decidono di rubare alla mia cultura? Pulcinella. PULCINELLA! I giapponesi vogliono fregarmi Pulcinella! Invece di fare manga sui samurai e sui ninja, fanno manga su Pulcinella, il simbolo di Napoli, l’emblema del Mediterraneo va in Giappone a fare la star!

A chi è venuta la felice idea? Un certo Kendi Oiwa, già autore di Goth (che vedremo presto in Italia grazie a Planet Manga) ha deciso di pubblicare un manga con protagonista Pulcinella dal titolo Yume-Watari Pulcinella (Pulcinella, camminando tra i sogni).

Purcinerra, come pronuncerebbero i giapponesi, oltre ad essere una maschera teatrale e artistica, rappresenta lo spirito puro della Napoli di sempre. Evolutosi dai tempi della Neapolis greca, quest’essere androgino con chiari riferimenti fallici (il naso) e femminili (le forme della blusa) racchiude in sè tutta l’essenza napoletana, come lo “stare acoppa” (stare sopra), cioè quelle piccole truffe perpretate non per il desiderio di raggirare ed estorcere, ma per dimostrare di essere superiore; l’amore, le stelle e il mare, la passione che esplode e distrugge o fertile e tiepido come le pendici del Vesuvio. Tutto questo e altro ancora è rappresentato dal napoletano in giacca bianca e maschera nera. Questo possiamo capirlo noi campani, ma i giapponesi cosa ne sanno? Si ritroveranno pian piano vittime del Segreto di Pulcinella, facendo la medesima fine del figlio del suddetto nella famosa opera di Eduardo de Filippo”. 

(The Marius, 07.01.2008, da “Fumetti e Animazioni”)

Kamasutra

Fumetto con illustrazioni accompagnato da versi di cui è facile immaginare gli argomenti e i modi. Pubblicato nel 2013 DB3, Italia.

Pulcinella nella grafica

Grazie alle nuove tecniche, prime la litografia, la cromolitografia e la fotografia, poi la fotomeccanica, la cultura di massa si arricchisce di nuove possibilità, quali la riproducibilità tecnica dell’ opera d’ arte, che apre gli orizzonti di un nuovo rapporto dell’ immagine e della parola, che, integrandosi, invadono il  mondo della produzione e del commercio ed occupano gli spazi della città e della carta stampata nella forma di manifesti e poster pubblicitari, cartoline, copertine di libri, fotomontaggi e perfino francobolli. Pulcinella celebra, in questo universo di carta, immensamente più vasto del suo spazio tradizionale, per la prima volta diventato planetario,  una sua nuova parte non trascurabile, tra le presenze più note e ricercate   della stampa a divulgazione popolare.

Nella grafica parole e immagini camminano insieme e in teoria devono tendere a fondersi, organiche le une alle altre,   ma non sempre essa sacrifica le sue risorse nella semplice evocazione del prodotto che deve pubblicizzare: il disegnatore-pittore si prende normalmente le sue libertà rispetto ai desiderata della committenza, trasformando il disegno in una metafora che istituisce connessioni e rivelazioni in altre direzioni, e prima di tutto nella direzione dell’ inconscio, inscenando una comunicazione sublineare. E qui l’ arte entra inarrestabilmente nel mondo profano dell’ utile e dell’ economia.

Manifesti

Per quanto popolarmente diffusa, la grafica pulcinellesca, soprattutto nei primi decenni, presenta notevoli qualità di ricercatezza ed eleganza, soprattutto nella cartellonistica, dovute al fatto che “il  manifesto italiano si sviluppa grazie all’ opera lirica, con l’ unico scopo di pubblicizzarla”, e “il dover partire dai temi alti della lirica ha portato gli artisti alla creazione di composizioni raffinate a sfondo eroico” (G. Bisicchia). Ma determinante è stata anche  l’ influenza francese e giapponese.  

Ancora ai nostri giorni Pulcinella ricompare  immancabilmente nei manifesti, nella forma di poster pubblicitario, in quelli che annunciano, secondo una tradizione antica, il Carnevale, ma anche in quelli che pubblicizzano prodotti industriali e commerciali: cioccolati, dolci, caramelle, biscotti, ecc.  Il Cetrulo è quasi sempre associato al Vesuvio, a Napoli, ai maccheroni, ad altri Pulcinelli o ad altre maschere. E’ rappresentato in atto di danzare, mangiare (di solito, maccheroni), mentre fa uno dei suoi gesti o passi caratteristici. Di alta qualità sono considerati i  manifesti della Casa Ricordi (per es. Pulcinella innamorato).   Metlicovitz, tra i più significativi creatori di manifesti per il teatro e il cinema, ”dà moltissima importanza all’ immagine, subordinando il testo a semplice spiegazione”… Nel manifesto per il film Pagliacci “riunì le esigenze di uno spettacolo popolare a quelle della cultura borghese”. In esso “un grande Pulcinella occupa tutta la superficie, con sguardo serio e duro, dietro di lui una grande macchia di colore rosso che va a fondersi con lo sfondo della scritta. Il manifesto comunica da sé, l’ immagine quasi esasperata è di forte impatto visivo ed emozionale” (G. Bisicchia).

Copertine

Il massimo della libertà dagli schemi tradizionali lo ritroviamo nelle copertine dei libri, dei testi musicali e dei dischi. Sono quasi sempre di buona qualità – spesso di  grande raffinatezza soprattutto questi ultimi – , sia che si ispirino ai contenuti dei libri o dischi, sia che, usandoli come pre-testi, o quasi ignorandoli,  restituiscano le suggestioni immediate dei disegnatori e le loro implicite strategie per catturare il potenziale acquirente. Qui le varietà stilistiche non si contano.

Insegne

Pulcinella era stato usato, soprattutto dalla seconda metà del secolo XVIII, come insegna, ma non ancora in maniera intensiva: serviva alla propaganda dei melloni, suggerita quasi certamente dalla loro somiglianza morfologica col coppolone della maschera, nella sua versione più arrotondata. Più recentemente i pizzaioli napoletani per indicare la pizza doc si servono dell’ immagine stilizzata fissa di un  Pulcinella con la pala, ridotto a un segnale convenzionale o a uno stemma di categoria, privo di ogni referente semantico. Non mancano però  le forme creative nelle insegne individuali delle singole pizzerie e pasticcerie, come la Pizzeria Bella Napoli. Singolare il Pulcinella di Piazza San Gaetano, un bamboccio paffuto e goloso che carezza la “capocchia” di un enorme babà che cavalca, sollecitando maliziosamente  inevitabili allusioni falliche.

Cartoline e francobolli

Altro genere nato con la diffusione della cultura di massa sono le cartoline. Ne esiste una molteplicità di modelli grafici: stilizzate, realistiche, surreali, grottesche ecc. Alcune cartoline riproducono “ritratti” e istantanee celebri della  maschera ricavati dalla sua storia artistica secolare (scene di commedie, comici illustri, gesti, espressioni e atteggiamenti tipici). e perfino dalle presunte origini classiche (Maccus): abbiamo così Pulcinella col bastone, che, associato altre volte a Brighella, ripropone con leggerezza il tema della furfanteria e spavalderia della maschera; c’è Pulcinella cantastorie, di derivazione ottocentesca, Pulcinella bianco col gatto, e, per la gioia dei bambini, un Pulcinella gatto, derivato dai fumetti,  Bambini con Pulcinella burattino, Pulcinella bambino, Pulcinella e Pinocchio. Notevole fortuna hanno Pulcinella e l’ orologio della Torre di Montepulciano, e, tra  la riproduzione delle scene carnevalesche più rare o più famose, l’ Uovo e i Pulcinelli del Carnevale di Viareggio,

Di sofisticato gusto moderno sono le rappresentazioni di Pulcinella nei francobolli italiani della “Giornata del francobollo” del 1974. Per la gioia dei filatelici è possibile collezionare il Pulcinella di Corrado Cagli, quello di Antonio Nocera, oltre Arlecchino e Pulcinella. C’è perfino  un Pulcinella in veste di Paperino che suona uno strumento musicale, verosimilmente il colascione.

La cultura di massa ha operato scelte che, almeno in alcuni casi, quando non sono casuali possono essere significative, e ci informano come editori e disegnatori (ossia la classe colta)  riproponevano Pulcinella a un pubblico sempre più vasto e come quest’ ultimo lo recepiva, contribuendo alla perpetuazione del suo mito.

Graffiti - tra murales e Street Art

I muri napoletani ospitano alcune delle opere di Street Art più famose, che fanno compagnia alla maschera più rappresentativa del mondo cittadino: c’è la nota Madonna con la pistola, e c’è Pulcinella che, in veste di San Gennaro,  emerge dalla pietra con gli occhi vivi e maliziosi, quasi adolescenziale, germogliato  da un asso di bastoni, quasi suo fondamento grafico (espressivo) e ideologico, per dare la benedizione col gesto del Cristo pantocrate,  munito con l’ altra mano dello strumento più importante della sua gloria, l’ ampolla del sangue venerato del miracolo. E’ una variante del Pulcinella-Cristo dell’aneddotica popolare, da qualche decennio riscoperta dagli intellettuali e qui riscritta da qualche giovane non incolto, a testimoniare l’ interesse non del tutto blasfemo delle nuove generazioni.

Anche nel linguaggio dei muri dipinti i napoletani non rinunciano ancora all’ antico vezzo partenopeo, codificato già nel secolo XVII, della parodia del gergo  aulico e del toscano letterario: se Dante comincia  “Nel mezzo del cammin di nostra vita”…, il lazzarello continua: “Guaglio’, ca’ manc’ na parola amm’ capito”.

L’ associazione di Pulcinella ai briganti è una vecchia storia, di ispirazione filounitaria e antiborbonica. Ma il disegno moderno, che compare sui muri di oggi, è estraneo a questa tradizione, dà un senso che appartiene alla  cultura di massa, nel suo ispirarsi  piuttosto al fumetto Martin Mistere.

Anche Monsieur Chat, il gatto giallo francese, viso rotondo, grandi occhi e ampio sorriso, fa una sosta a Napoli nelle sue peregrinazioni ormai planetarie per vestire i panni di Pulcinella, suonando al volte il colascione. “Il fatto che sia diffuso anche qui indica quanto la città sia sempre più al centro di flussi e correnti della Sreet Art internazionale” (F. Belmonte)

I graffiti traducono  nel linguaggio del fumetto anche contaminazioni intellettuali diventate già luoghi comuni (sacro e profano, ancora Pulcinella e San Gennaro e così via): mescolamenti che convivono con una compresenza di stili e di tecniche,  che vanno dal realismo di tradizione partenopea alla Pop Art o  alle forme astratte con suggestioni cubiste e surrealiste.

La scelta dei luoghi denota la consapevolezza e l’ abilità di chi, vivendo a Napoli, ha una relativa familiarità con la Street Art, ormai diventata un elemento del paesaggio urbano, come lo sono state le scritte murali delle generazioni immediatamente precedenti. I murales partenopei odierni per lo più hanno rinunciato al piglio alternativo delle scritte murali, fortemente politicizzate e aggressive, esprimono gli orientamenti di una nuova cultura, postmoderna, ancora largamente giovanile, e restituiscono il contraddittorio interesse delle ultime generazioni per la difficile città   che non hanno voluto lasciare. Sono quelli che cercano di trasformare i quartieri periferici,  avvalendosi dei nuovi strumenti espressivi, da nicchie di  emarginazione e di segregazione  in  luoghi di vita.  Così emergono, per la gioia e consolazione dei bambini, dalla desolazione delle periferie, i colori vivi  delle gigantografie, e si restituiscono vita alle porte, alle finestre, alle saracinesche, trasformandole in dipinti, si travestono di discorsi muti, o indecifrabili e misteriosi (come il Pulcinella e Pinocchio del Parco dei Murales a Ponticelli)  i fianchi nudi dei  palazzi ai margini della città.

Art Brut

L’Art Brut, in inglese Outsider Art nasce intorno al 1945 per opera del pittore e scultore francese Jean Dubuffet e diventa presto un fenomeno planetario. Dubuffet si ispirava ai disegni dei bambini e degli alienati mentali, in cui ravvisava una forma di arte originale, preculturale, generata da pulsioni inconsce. Frequentata da artisti e gruppi marginali, l’art brut ha fornito elementi di novità alla cultura ufficiale dalla scenografia all’architettura; nelle sue trasformazioni ha conservato un elemento costante, quella dell’ “arte spontanea” antiletteraristica e anarchica e della vicinanza all’arte degli alienati, a quella infantile, popolare e naïf.

A Napoli, degli artisti che hanno lavorato su Pulcinella è noto Roberto Rosmelli. Le sue rappresentazioni esprimono misteriose preferenze per un numero ristretto di temi pulcinelleschi (Pulcinella musicista, l’ammucchiata dei Pulcinelli, Pulcinella associato al corno) ossessivamente ripetuti. Queste maschere nerissime sopra il bianco quasi luminoso dell’abbigliamento sembrano suscitare inquietudine con i temi di tetraggine diffusa nei volti e nella scena (di indubbia origine dotta) della crocifissione di Pulcinella.

A Napoli il genere è preferito dagli artisti di strada perlopiù sconosciuti. Claudio Zaddei realizza sintesi raffinate, in chiave surrealista, di oggetti e simboli pulcinelleschi.