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La nuova vita della Maschera

Comitato Pro Pulcinella

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Economia e cultura

La stagione del trionfo di Pulcinella lascia il segno negli anni successivi, che peraltro coincidono con il clima favorevole determinato dal decollo del turismo a Napoli, coincidente con il miglioramento dell’immagine della città per effetto delle trasformazioni e delle speranze suscitate dal “Rinascimento” napoletano degli anni 1993-1998. Questo scorcio di secolo e i  primi decenni del 2000 vedono  la fortuna di Pulcinella, con l’ incremento delle  attività che essa  ispira e sollecita nei campi più diversi, producendo effetti significativamente positivi  anche sul piano dell’ economia, soprattutto nel settore dell’artigianato.

Il trionfo degli oggetti

Il piccolo commercio tradizionale  degli oggetti pulcinelleschi legato alla maschera  subisce un graduale ma inarrestabile incremento della  produzione e del  mercato. Lo spostamento dell’ interesse per il mondo di Pulcinella sulla cultura materiale, l’ artigianato e l’ arte era  anche il  risultato delle politiche del patrimonio che è di quegli anni e della contemporanea domanda del turismo, che diventa sempre più turismo di massa, basato sul commercio dei prodotti artigianali modesti accanto alla crescita più modesta di quelli “nobili” e costosi. Gli artigiani napoletani riconoscono pienamente il risvolto economico del loro interesse per Pulcinella: “Questa maschera – sostiene il produttore  Antonio Esposito – fa campare i suoi concittadini: permette a molti napoletani di portare il piatto a tavola”. Non solo agli artigiani. L’ artista Corrado Cagli e Franco Torrini nel 2008 fanno trasformare  in una spilla d’ oro  dall’ opificio orafo fiorentino un disegno dello stesso Cagli, Pulcinella in  fiore, e lo espongono per qualche tempo in una mostra a Firenze, molto apprezzata. Era lo spirito del tempo: questo successo segnò il trionfo dell’ intuizione di Cagli sui rapporti  tra arte ed economia,   che era pienamente in sintonia con l’ evoluzione della produzione artigianale: “il gioiello come arte e non solo come valore economico”, che, applicato al caso specifico, voleva, forse, significare “l’ oggetto artistico non è solo arte, ma anche valore economico”.

Si muovono gli antiquari

Peraltro questa idea si trovava radicata, sia pure in maniera diversa, all’ interno dell’ antiquariato napoletano, dove Pulcinella era, per così dire, a casa sua. Il “ritorno”  della maschera, con l’ interesse per gli oggetti e la prospettiva di una crescita degli affari, dà ad essa un nuovo slancio. Di questa ripresa gli antiquari sono coprotagonisti, forti delle tradizioni e delle conoscenze che li candidano a custodi ufficiali, storici, della maschera: “Provate ad entrare nella bottega di un antiquario e chiedete di acquistare un qualunque oggetto che raffiguri Pulcinella. Vi sarà opposto un cortese rifiuto: nessun antiquario vi venderà mai un olio, una statua oppure un’ incisione antica della celebre maschera acerrana”. Così un giornale del luglio 1994, volendo significare che gli antiquari non si privano di un esemplare del guardiano della loro bottega, se unico. Nell’ estate dello stesso anno proprio l’ antiquario professor Romano De Filippo inaugura una mostra a Capri, su proposta di Guido Donatone, studioso delle ceramiche campane. Una mostra di antiquariato e di oggetti d’ arte, denominata Pulcinella e il suo mito, che nel palazzo dei Congressi esibiva preziosi oggetti (porcellane, disegni, oli, sculture, maschere in cuoio, gessi, stampi per calchi) raffiguranti Pulcinella, prestati da antiquari e imprenditori privati, oltre a cimeli appartenuti a Petito. Come contorno, uno spettacolo con i burattini di Brunello Leone.

Un mercato planetario

La  novità maggiore è forse  da un’ altra parte: Internet ha aperto  nuovi orizzonti economici. Le grandi organizzazioni come ebay e Amazon pubblicizzano il prodotto Pulcinella in giacenza in migliaia di negozi di tutto il mondo per gli acquisti  on line, moltiplicando le vendite in un mercato ormai planetario. Si legge in un avviso internet: “”Pulcinella negozi on line. Offerte e giacenze a prezzi ridotti. Cerca in oltre 20.000 negozi dieci milioni di offerte”. La nuova tipologia dell’ offerta dilata le conoscenze e fa crescere le vendite. Gli acquirenti più importanti dei prodotti del migliore artigianato artistico campano sono sempre più stranieri.

Aumenta anche la possibilità di reperire e acquisire quanto ancora rimane della produzione del passato vicino e lontano, prima pressoché irreperibile, perché disperso e sepolto in botteghe antiquarie sconosciute o irraggiungibili: il passato rifluisce nel presente, e diventa integrabile in una contemporaneità sempre più varia e cosmopolitica, sollecitando al livello della produzione ibridazioni e contaminazioni.

Interferenze e contaminazioni

La saldatura tra economia e cultura fa in modo che le attività pulcinellesche, anche quando sono settoriali,  tendano ad essere sempre più olistiche, mescolando  mercato e mostre, oggetti artistici e di arredamento, contaminando i materiali tradizionali  con la plastica, le immagini figurali cogli oggetti d’ uso, i modelli pittorici e i prodotti artigianali, con la tendenza a mettere insieme cultura e affari,   ad aggregare convegni e mostre, studi e performances nell’ organizzazione degli eventi.

Cambia l’artigianato artistico

La crescita della produzione e del commercio dell’ artigianato artistico campano, che ha segnato gli ultimi venti anni ed è esplosa nell’ ultimo periodo 2015-2017, ha riguardato soprattutto i “pastori” (ossia le statuine presepiali) esposti ai flussi turistici. Il turismo ha contribuito a far crescere l’ artigianato che a sua volta ha sancito in questi ultimi anni il trionfo di Pulcinella.      

Determinante è stata anche  la capacità degli artigiani di adeguarsi alle potenzialità del “ritorno” del Cetrulo e degli altri oggetti-simboli identitari con innovazioni  che hanno generato una differenziazione sulla produzione. Una fascia più tradizionale di produttori, erede degli antichi saperi, formata dai maestri del presepe anziani, riproduce i modelli consueti, un’ altra categoria di maestri più giovani, che si è formata negli istituti d’arte e nelle Accademie parauniversitarie, ed ha esperienze culturali e competenze tecniche più ampie e più specialistiche, oscilla tra la rielaborazione del patrimonio ereditato dalla tradizione con strumenti tecnologici nuovi e l’ attrazione di orizzonti più ampi e culturalmente stimolanti. Nel territorio di questi nuovi artigiani col diploma si vanno sempre più costituendo processi di contaminazione della produzione artigianale con l’ arte (i fratelli Scuotto, “Le voci di dentro”, Troiano ecc.), che legittimano  le loro pretese di “artigianato artistico”, se non di artisti tout court. Il Pulcinella odierno vive in questa zona d’ interferenza artigianato/arte, in cui la contaminazione alto/basso costituisce la novità più vistosa, diversamente dai secoli precedenti, in cui la complessità della produzione, pur con i suoi scambi e prestiti interni, costituiva non una somma, ma  una scala di diversità.

Il legame con la tradizione permane sempre, anche perché la riconoscibilità immediata dell’ oggetto attiva la familiarità che attrae e rassicura l’ acquirente autoctono, e perché il pubblico  straniero pretende nei suoi acquisti il referente etnico. In tutti si ritrovano, scelte a parte, gli schemi fondamentali tradizionali degli oggetti (Pulcinella e l’ uovo, Pulcinella e il Vesuvio, la mezza maschera e il coppolone di Pulcinella, il  diavolo,  il pulcicorno,  il corno-peperoncino, il gesto delle corna, la scopa ecc.) in una molteplicità di varianti. In questo mondo di oggetti pulcinelleschi che inonda le strade, a un livello modesto troviamo un realismo stile presepiale, che conserva inconsapevole i segni di quel grottesco sei-settecentesco, che era la condizione etico-estetica “distanziante”, con cui i presepi aristocratici consentivano la raffigurazione del   tripudio natalizio e carnevalesco della plebe.   A un diverso livello di sensibilità e di pretese, ai modelli presepiali si cerca di restituire le forme originali di un barocco carnale e sanguigno, memoria lontana  più che mimesi della pittura secentesca (Lello Esposito, Cantone); altri ancora (Esposito, la Scarabattola) li rivestono di seducenti simbolismi, che aspirano a penetrare nel ventre e nell’ anima della cultura napoletana (Esposito, Le voci di dentro). Ma esistono altre forme di contaminazione, che ricordano le tecniche di costruzione del presepe: elementi stilistici e iconici di epoche passate vissuti come presenti e associati ad elementi moderni in un equilibrio precario. C’è un’ultima tendenza, che comincia a prevalere, quasi come  reazione a scavi semantici e concettuali sempre più ripetitivi quanto improbabili: come abbiamo visto, da molto tempo sulla maschera di Pulcinella si è esercitata una operazione spontanea di segmentazione simbolica, in cui ciascuna delle parti ritenute fondamentali (il coppolone, il camicione, il corno, testa, soprattutto la mezza maschera), a modo della sineddoche (in cui la parte è staccata dal tutto, ma pienamente lo rappresenta nella misura in cui lo condensa),  rappresenta il personaggio. I nuovi ceramisti fanno uso amplissimo di questa frammentazione tradizionale, ma la restituiscono in forme sorprendentemente rinnovate, con operazioni di raffinato bricolage: riaggregazioni inconsuete di  elementi costanti, sempre più manieristiche, eleganza di forme stilizzate, colorismo intenso e violento, che reitera o arricchisce o contrasta i colori tradizionali della maschera. E’ difficile individuare con precisione i modelli stilistici di questo artigianato artistico; a volte si tratta di un eclettismo che mescola alcune tendenze dell’arte contemporanea. I fratelli Scuotto fanno riferimento nella loro poetica alla transavanguardia, che si può ritenere  assunta come punto di riferimento, se pur vago, anche per altri: era stata in effetti l’ esperienza pittorica significativa che, reagendo all’ arte concettuale, segnava un ritorno a una tradizione che lasciava molta libertà di rifare e rinnovare. 

La riproduzione seriale o meno degli oggetti in passato ha conosciuto varianti, o ambiguità semantiche che producevano doppi sensi (peperoncino/corno, bastone/fallo ecc.), mentre quella odierna pratica contaminazioni. Una delle più ingegnose è il  Pulcinella/San Gennaro, ossia il mezzobusto del santo cui si sovrappone la mezza maschera facciale scura del Cetrulo. Alla base della contaminazione, che può sembrare empia, c’è l’ intuizione dell’ analogia tra le due figure, entrambe protettrici della città, nel campo del sacro la prima e in quello del religioso la seconda. L’ intuizione potrebbe avere avuto origine dal  fatto che Pulcinella e San Gennaro sono le figure alle quali sono più interessati i turisti, che li ritengono  i massimi simboli cittadini, e trova qualche fondamento nel presunto paganesimo della religiosità napoletana,  e una cosa e l’ altra possono avere ispirato l’ idea di con-fonderli in una sola statuina. Sul piano commerciale, questo oggetto ambivalente sembra una variante ingegnosa del “prendi due e paghi uno”.

Il turismo può avere svolto una funzione importante in questo mutamento di forme e di stili. Lo sguardo sulle cose accelerato dalla fretta è inevitabilmente superficiale, e favorisce l’astrazione/tipizzazione degli oggetti e dei significati che essi esprimono, operando una sintesi superficiale che crea l’ illusione di aver ridotta la complessità di una cultura e colta la sua essenza: Pulcinella è l’anima napoletana, San Gennaro la religiosità pagana ad essa connaturata. Tutto, allora, si risolve in un gioco di forme e in un pasticcio di significati, da cui non è escluso che un talento artistico  possa trarre qualche vantaggio: il lavoro di astrazione, spinto all’ estremo, nell’ indifferenza dei significati originari, può risolversi in raffinate geometrie che, associate a un colorismo intenso e forte, crea una nuova magia di miti disincarnati.

La tendenza tradizionale

Esposito & Macrì

Antonio Esposito, nato a Napoli nel 1979, apre il suo primo show room nell’aprile 2015 in collaborazione con Macrì, azienda napoletana che si occupa di artigianato. Lavora con terracotta, legno, stoffa grezza, vetro. La lavorazione prevede tre fasi: si modella la terracotta a mano, in seguito si montano gli occhi di vetro nella testina precedentemente cotta, segue la fase dello stucco in cui la statua viene dipinta con colori ad olio o acrilici. Per abbigliamento  si utilizzano stoffe grezze di lino, cucite a mano. Le opere principali  sono  Pulcinella in camicia di forza, Pulcinella pensatore, Le uova di Pulcinella; ma ce n’ è una (Pulcinella con lo strummolo), assolutamente inedita, che è un commento a un fondamentale pensiero pulcinellesco: “Fatto strummolo son del mio destino”. “Il nostro Pulcinella – spiegano gli autori incarna a la figura del napoletano, prigioniero del suo abito in uno Stato che non aiuta il suo popolo”. Opera a San Gregorio Armeno.

Cuomo

Claudio Cuomo,  nato a Napoli nel 197, residente a Portici, opera ed espone a Napoli, nella zona dei presepi di San Gregorio Armeno. Ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Lavora la cartapesta e la cartapane,  che a suo giudizio permettono di rendere più realistiche le opere. Addensa la cartapesta sulle anime di ferro o di legno, quindi ne definisce i dettagli. Nella sua produzione dedicata a Pulcinella  spiccano Il segreto dell’uovo (frutto della collaborazione con Vittorio Avella), Uovo con Pulcinella, Pulcinella trainato da cavallo. Per lui Pulcinella incarna pregi e difetti della napoletanità; ma – sostiene – la nascita dall’uovo getta su di lui un’ ombra di mistero. Lavora anche su commissione.

Innovazioni

Scotto                                               

Aniello Scotto, napoletano (1959), studia a Napoli  al Liceo Artistico e poi all’Accademia di Belle Arti. Bruno Starita lo avvicina all’arte dell’incisione ottenendo ottimi risultati, e  a 23 anni ottiene il premio di grafica “Primo Vere” per l’incisione “Apocalisse”, che gli viene conferito dall’Accademia Nazionale di San Luca di Roma. Espone in Italia ed in Europa. La sua produzione  è varia, si va dalla pittura ai carboni, ai pastelli ed 

Aniello Scotto – Fuori dal Mito

alle incisioni. Attualmente è docente di Tecniche dell’Incisione e di Disegno Classico presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli. Nella mostra Fuori dal mito (2005), due volte riproposta, il protagonista assoluto è Pulcinella. Scotto attraverso carboni e quadri vi affronta il mito della maschera, che colloca  in una dimensione  onirica. Temi dell’ universo pulcinellesco sono La Colombina del sogno, La vera Colombina, Pulcinella e Colombina sulla scena, tutti oli su tela.

La Scarabattola

Nell’ artigianato artistico napoletano occupano un posto di rilievo gli Scuotto, un gruppo di fratelli e sorelle che con i rispettivi compagni di vita aprono nel 1996 una piccola bottega d’arte a via dei Tribunali a Napoli, “La Scarabattola”, che rompe con tutti gli stereotipi dell’ arte presepiale napoletana. Anche se le loro radici sono tutte in quest’ arte, i risultati della loro ricerca artistica li collocano  oltre i suoi limiti, come –  secondo la loro stessa autorappresentazione – eredi della Transavanguardia. Le loro innovazioni, coraggiose e in qualche caso temerarie, sono universalmente piaciute e i loro presepi sono molto venduti all’ estero; tra l’ altro gli Scuotto sono i fornitori di Palazzo Reale in  Spagna. Ha contribuito al riconoscimento del loro talento la loro “pulcinellarifavola”, che si ispira al mondo delle favole e a Pulcinella, e ha  suggerito a Raffaele Scuotto il racconto di un Cetrulo che affronta il diavolo per recuperare la maschera che gli ha sottratto: una trama sospesa tra tradizione e contemporaneità. La centralità di Pulcinella è attestata da un gruppo di opere in cui si distinguono Morte di Pulcinella, Fantaracconto, Pulcibastiano, Pulcinella equilibrista, Pulcinella in catene, Pulcivelato, Giovannino. Nella mostra del 2012 la Scarabattola mette in mostra i suoi prodotti, tra cui la serie  Pulcinella Essenza liquida: sei installazioni su tematiche presepiali, come San Gennaro in maschera e Pulcinella: di quest’ ultimo si  mostra  anche come un piccolo embrione di terracotta conservato nell’alcol.

Troiano

Nato a Napoli nell’Agosto 1977, Salvatore Troiano consegue il diploma di Arte applicata in grafica e arte della stampa all’ Istituto d’Arte Filippo Palizzi di Napoli, frequenta poi  la Nikoe sas di Napoli, atelier-stamperia artistica, dove acquisisce  le tecniche di stampa, calcografia, serigrafia, litografia e xilografia, fotografia. Nelle botteghe d’ arte ha successivamente approfondito le tecniche antiche e ha imparato la lavorazione della terracotta del Settecento napoletano.  La sua produzione originale, iniziata nel 2004, comprende opere su carta e tela e sculture in terracotta. Utilizza materiali come acquerelli, colori a olio, chine, matite, terracotta, con varie tecniche: olio su tela, gouache, modellazione tridimensionale della terracotta. Le sue istallazioni pulcinellesche a suo dire “escono dal muro” in quanto permettono di sfruttare maggiormente la dimensione tridimensionale e si adattano più facilmente agli spazi delle case contemporanee. Nelle sue mani i modelli presepiali settecenteschi acquistano una indubbia forza drammatica, a volte tragica. Suoi Pulcinelli sono  La maschera, olio su tela, e le terracotte La mor(t)e di Carnevale, Il silenzioLa curiosità contro il vento, Nir’ e Janc’, La meraviglia. Nella sua vasta bottega-laboratorio incontri, acquirenti, esperti e persone comuni. Nel 2004 ha pubblicato la versione napoletana del romanzo di Feuillet  illustrata in acquarello, china e matita (‘A vita ‘e Pullecenella). Nella sua poetica Pulcinella  rappresenta l’anima del popolo che aspira a vivere l’esperienza dell’amore e della libertà.

Le Voci Di Dentro

Alessandro Flaminio, scultore, e Castrese Visone sono i creatori dell’ atelier “Le voci di dentro”, che ha sfidato il mercato con la novità dei suoi modelli, facendosi alla fine pienamente riconoscere. Flaminio si comporta sotto tutti gli aspetti come un  artista, ma al tempo stesso è attento al mercato, che conserva una prevalente forma artigianale. A un materiale partenopeo antico di secoli o  datato di recente ha imposto forme sorprendenti con una libertà temeraria: forme astratte, geometrie essenziali, che alleggeriscono i soggetti del loro peso sociologico ed etnico, facendoli poi come emergere da un mare cangiante di colori vivi e forti, il rosso, il bianco, il nero, il giallo, il blu. Tra questi spicca, unico in tutta la produzione artigianale napoletana, un possente gallo fallico, che forse inconsapevolmente rammemora analoghe figure di età romana.

Cantone

Maestro nell’ arte presepiale, fedele ai modelli dell’ epoca d’ oro del presepe napoletano, produce  con grande professionalità, in collaborazione con la moglie, Pulcinelli della migliore tradizione, di cui restituisce forme e significati autentici. Fornisce istituzioni importanti, musei e persone di cultura e dello spettacolo, italiani e stranieri, ed ha in programma la realizzazione di un Pulcinella di grandi dimensioni, finora mai realizzato.

Oliva

Salvatore Oliva proviene da esperienze complesse, tra le quali, fondamentale, è la costruzione di presepi. E’  un maestro raffinato e colto, intellettualmente vivace, che fa rivivere il lato aggressivo e forte di Pulcinella nella figura del Beccafico, che porta in giro per il mondo, in Giappone e in altri paesi, facendogli assumere i colori e le forme delle culture locali. Ritiene che “chi vuole risollevare la maschera di Pulcinella deve parlare da subito, delle problematiche contemporanee”.

Di Sarno

Pasquale Di Sarno vive nel centro storico di Napoli ed è uno degli ultimi costruttori di maschere.  Fa altri lavori in cuoio, ma la sua specializzazione è la maschera di Pulcinella, che è anche la sua passione. Ce ne parla con cura, partendo dall’ uso dei modelli – possiede il modello della maschera di Petito, gli altri sono opera di amici, o li ha creati lui stesso: sono le maschere tradizionali, con poche varianti, perché la  maschera di Pulcinella per i costruttori tradizionali non consente modifiche decisive; tuttavia gli attori oggi, in deroga alla tradizione (gli occhi devono essere rigorosamente rotondi, perché Pulcinella è un pullicenus, pulcino), vogliono gli occhi ovali, perché lo sguardo deve “spaziare”. Polemizza col grande Sartori, che batte il cuoio della “mezza maschera”: il cuoio deve essere vivo, e, bagnandosi col sudore, deve prendere la forma del viso dell’attore.

Fusco

Silvio Fusco, conosciuto come Silvio Napoli, nasce nella metà degli anni sessanta a Castellammare di Stabia. Conoscitore appassionato della Commedia dell’Arte, è autore di testi che interpreta, molti dei quali dedicati a Pulcinella. E’ anche titolare di un RistorArt nel territorio sessano di Terra di Lavoro, nel quale serve ai tavoli nel costume di Pulcinella, Colombina e Don Anselmo Tartaglia. Lì è il suo Laboratorio Artigianale per realizzare le Maschere in pregiato cuoio toscano.

Gli antiquari

Mentre nel campo degli artigiani tendono a sovrapporsi i ruoli dei produttori e quelli dei commercianti, gli antiquari hanno il monopolio del commercio di lusso: prodotti  in materiali “nobili”, opere firmate o di autore noto, comunque stilisticamente rilevanti. Gli antiquari più importanti di Napoli sono concentrati nell’ area attraversata da via dei Mille, via Chiaia e via Filangieri, ma se ne incontra qualcuno anche tra piazza del Gesù e piazza San Domenico. Sono fieri di esibire maschere che ritengono di pregio, e forniscono la borghesia agiata che colleziona Pulcinelli, o “patiti”(appassionati cultori) della maschera simbolo di Napoli. Per scaramanzia o per fedeltà a una tradizione che è parte della loro identità professionale, conservano un Pulcinella  che non è in vendita, ed è incorporato nello stile del negozio.

Affaitati

Il negozio dell’ antiquario Affaitati si trova nel cuore del centro storico, lungo Spaccanapoli, tra la Chiesa di San Domenico e la casa di Benedetto Croce. Affaitati ha i modi e il linguaggio della borghesia agiata di Napoli, appartiene a una famiglia di antiquari, giunta oggi alla sesta generazione, e si considera uno dei pochi che ancora tengono viva questa attività. Nella sua bottega, tra quadri d’ epoca, statue, oggetti d’ arte, vetrine, domina la presenza del corno più che di Pulcinella, anche se il corno rinvia alla maschera; però  Affaitati, che vende – agli italiani, ma soprattutto agli stranieri – il corno più del Cetrulo, spiega questa differenza sostenendo che Pulcinella ha una dimensione etnica specificamente napoletana, mentre il corno apotropaico  appartiene a tutti i popoli, come è dimostrato dal fatto che è più venduto.

Si tratta di corni d’ autore, creati dalle mani di uno scultore oggi ultranovantenne, Arcangelo Arcamone, uno diverso dall’ altro, come le opere d’ arte; sono fatti di terracotta policroma anticata, montati con marmo, coralli, bronzo, legno marmorizzato. Il colore dominante è il rosso, lucente, che spesso si sposa bene col nero e col verde.

Dal corno emerge con molta frequenza per metà Pulcinella, che può essere anche associato al corno in altri modi, con classica misura, sul modello dei prodotti artigianali di via San Biagio dei Librai, o comparire in forma di mezzobusto. Affaitati sa che sia il corno che Pulcinella hanno una funzione apotropaica e scaramantica, e ripete che “essere superstizioni è da ignoranti, non esserlo porta male”.

La nuova convegnistica e le mostre

Pulcinelli euromediterranei e planetari

Sul piano dell’ approfondimento scientifico, gli anni successivi alla  grande stagione di studi (1989-1992) hanno conosciuto qualche arricchimento analitico e una più esplicita messa a punto dell’ inteleiatura teorica costruita in quegli anni, nella direzione di una teoria generale aggiornata della presenza delle figure pulcinellesche  nelle culture umane.  Per questa via si è arrivati al Convegno internazionale del 2009 (L’eroe comico popolare nell’area euromediterranea), che si è svolto a Napoli e presso l’ Università di Salerno per iniziativa del Laboratorio Antropologico del Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’ Università di Salerno e dell’Associazione “La Rete”. E’ durato tre giorni e si è articolato in sessioni di lavoro parallele, sedute plenarie, tavole rotonde e discussioni con la partecipazione di un vasto pubblico costituito da docenti, uomini di spettacolo, operatori culturali, membri di associazioni culturali e studenti. Nella fase programmatica limitato agli eroi comici popolari dell’area euro-mediterranea, è stato, nella sua realizzazione concreta, esteso ad altre parti del mondo, ed è diventato il primo (forse l’ unico) incontro internazionale in cui ricercatori e studiosi di varie parti del pianeta (Italia, Francia, Germania, Spagna, Messico, Spagna, Messico, Corea, Brasile, Tunisia, Grecia, Iran, Ungheria e Turchia) si sono confrontati  sugli eroi comici popolari dei loro paesi con relazioni, che conferivano elementi di novità e pregnanza alla riconosciuta universalità delle figure tricksteriche. Una universalità che non è parsa contraddire la loro fondamentale etnicità, nella misura in cui esse, oltre ad essere assunte come  una necessità della cultura, e/o il prodotto degli scambi culturali che hanno costruito il fondo culturale comune di  vaste aree del pianeta, a partire dal Mediterraneo, sono state presentate come espressione della diversa creatività dei vari popoli, sicché il lungo giro dell’ indagine antropologica, psicoanalitica e storica tra gli eroi planetari ci ha riportati alla fine alle singole storie locali e nazionali   con una consapevolezza nuova, in tutte rendendo riconoscibile lo spirito di un popolo e, al tempo stesso, il respiro del mondo.

Il Convegno si è occupato infine  della possibilità di ricercare una linea di continuità tra   l’ essenza del trickster mitologico e primitivo  e le figure comiche  della storia più recente, tra le quali Pulcinella ha un posto di rilievo, e la stessa essenza è stata riconosciuta entro certi limiti (e indagata) in figure nuove, come l’ Ubu di Jarri e il Joker del ciclo di Batman. Ipotesi e suggestioni che ripropongono in termini nuovi il tema della sopravvivenza del “primitivo” nel mondo contemporaneo, è confermano la possibilità di arricchire di elementi nuovi la nostra conoscenza del mondo comico e dell’ eroe comico popolare. 

In questa direzione è andata anche l’ attenzione prestata a un fenomeno vistoso dei nostri giorni, che costituisce per alcuni aspetti un lascito pulcinellesco al mondo della  politica, ossia la comparsa dei comici prestati alla politica e dei politici che mimano lo stile comunicativo, le strategie verbali e il comportamento dei comici, senza rinunciare, anch’ essi, ad essere  mediatori culturali, capaci di riscrivere i linguaggi dello scambio sociale, cavalcare le trasformazioni e governare le contraddizioni. Anche in questo pulcinellismo diffuso si è letto un ritorno delle forme arcaiche del trickster, soprattutto quando esso infrange il codice che impone la separazione tra privato e pubblico, personale e politico, emotivo e razionale.

Questo Convegno sull’ eroe comico planetario ha modificato la percezione della maschera napoletana: ha diffuso l’ idea che gli eroi comici non rappresentano un’ escrescenza maligna e contaminante della società, ma, nonostante l’ evaporazione della loro funzione più profonda e meno percepibile in giochi verbali e corporei leggeri e perversi, divertenti e crudeli, sono una necessità della cultura; non sono specchio realistico di ceti imbarbariti e “inferiori”,  ma appartengono a tutta la popolazione; non esistono per dividere i ceti sociali e le culture, ma mediano a vantaggio della comunità con l’ esterno e l’ignoto, unificano e compattano le città e i popoli, riscrivendo le regole dello scambio sociale.

Pulcinella Maccus

Oltre la convegnistica scientifica, fanno le loro prime apparizioni le associazioni di “patiti” di Pulcinella, i circoli di simpatizzanti che promuovono e sostengono iniziative sulla  maschera. Nella Sala del Consiglio in Santa Maria La Nova si è svolto il Convegno Pulcinella Maccus. Vi sono accorsi gli “Amici di Pulcinella” con il loro presidente, Antonio Pellone, artisti come Lello Esposito e – segno del crescente interesse pubblico per la Maschera – rappresentanti del Comune, della Provincia e della Regione.  Domenico Scafoglio è stato invitato ad illustrare il rapporto di Pulcinella con la città di Napoli.

Pulcinella Days

Altri  convegni ripetono i modelli e i temi del  triennio 1989-1992, come i tre giorni dedicati a Pulcinella (Pulcinella Days), nel novembre 2012, che iniziano con la partecipazione del sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, all’ inaugurazione della statua del Cetrulo donata da Lello Esposito, per sottolineare l’ interesse del Comune per una rinascita che si è cominciata da qualche tempo a connettere emblematicamente con la maschera napoletana. Tra performances di vario tipo, tammurriate, viaggi esoterici guidati, visite, concerti,  si inserisce un convegno, Le Maschere di Pulcinella, che ripropone temi ormai diventati canonici, con interventi brillanti di Peppe Barra (Pulcinella e la maschera), Aldo Masullo (Pulcinella filosofo) Pasquale Scialò (Variazioni sul tema di Pulcinella),  Massimo Marra (Pulcinella alchemico).

La mostra di Paz

Oltre la Campania

ConTatto a Venezia con Pulcinella

Il successo delle grandi manifestazioni napoletane fa crescere l’interesse per Pulcinella oltre la Campania e il Meridione, nelle regioni che hanno avuto rapporti e legami con la storia della maschera napoletana, a cominciare dal Veneto. La presenza di Pulcinella a Venezia è stata nei secoli passati tra le più importanti, e, per effetto domino,  i  veneziani contemporanei non si si sono lasciata sfuggire l’ occasione di cavalcare, anch’ essi, il successo odierno del Cetrulo. L’ occasione immediata è stata la riscoperta degli affreschi pulcinelleschi di Giandomenico Tiepolo, restaurati tra il 1998 e il 2000, che i veneziani hanno voluto festeggiare nel dicembre del 2004 con un concerto sul tema (Pulcinella in altalena, Pulcinella innamorato, Pulcinella che parte) di Lino Cannavacciuolo, nel quadro di un più articolato programma denominato “Progetto conTatto”, ispirato all’ “incontro tra l’ estro veneziano e la creatività napoletana”. Nello spirito di questo incontro  era anche organizzata la mostra dei Pulcinelli del giovane artista napoletano, Lello Esposito.

Arrivano dal mare,  a Cervia

I guarattellari napoletani partecipano attivamente ai festival  internazionali del teatro di animazione Arrivano dal Mare, che si tengono annualmente a Cervia (Ravenna) da alcuni decenni:  una full immersion nel mondo di marionette, burattini, pupazzi, in cui i Pulcinelli napoletani primeggiano tra i loro cugini;  otto giorni in cui i luoghi più suggestivi della città vengono invasi dalle compagnie provenienti da tutti il mondo. L’evento accoglie una serie di mostre, convegni, seminari, corsi per burattinai e spettacoli con Kasperl, Don Cristobal, Punch & Judy, Polichinelle, ecc.;  si vedono al lavoro, insieme, compagnie diverse per cultura, tecniche, generi, tradizioni: una esperienza che dilata le conoscenze, sprovincializza e agevola gli scambi e le contaminazioni. Pulcinella imperversa in particolare negli otto giorni del 2005, in cui uno stage di quattro giorni è interamente a lui dedicato. E’ presente, come sempre, anche nel Festival del 2010, che ha realizzato otto giorni di performances con le compagnie  più famose del mondo, nella “Vetrina italiana del teatro di figura”, dello spazio dedicato al “Teatro di Figure Europa”.

Le strade di Pulcinella a Cordenons

 A Cordenons nel Friuli, nel febbraio 2017, ha luogo la mostra Le strade di Pulcinella, allestita la prima volta al Museo Topic, in Spagna, e riproposta a Lisbona. Si  espone  un percorso della maschera napoletana attraverso il mondo, che consente di mettere insieme un buon numero di  figure ad essa similari (in attesa che si chiarisca se si tratta di ascendenze o influenze o scambi o semplici somiglianze), provenienti da molti paesi europei e dal Medio Oriente. Con i suoi pregi e i suoi non pochi elementi di novità, la mostra si colloca nella scia delle numerose esposizioni di carattere internazionale che hanno caratterizzato la vita della maschera napoletana, a partire soprattutto dalla grande mostra di Villa Pignatelli del 1990, ma si pone al tempo stesso come ad essa alternativa o complementare, per essere la mostra dei Pulcinelli del popolo, non degli artisti.

Pittori, scultori, disegnatori

Nell’ ultimo decennio del Novecento e nei primi lustri del secolo successivo, quando gli artisti tornano ad occuparsi di Pulcinella, trovano  la Maschera notevolmente cambiata, il che rende ragione delle novità che segnano  la scultura, la pittura, il disegno di questo periodo.

Come abbiamo anticipato, il nuovo rapporto col mercato (soprattutto il commercio delle statuine e degli oggetti in terracotta) modifica le forme e i contenuti artistici, che il clima diffusamente innovativo, che attraversa  tutte le manifestazioni pulcinellesche, spinge a una ricerca di novità e a uno sforzo di originalità senza precedenti.

Questa tendenza è incoraggiata: dall’ espandersi del mercato turistico, e dalla fortuna dell’ artigianato napoletano  fuori d’ Italia, che incoraggia la domanda di  internalizzazione; dalla divulgazione di conoscenze più approfondite sulla Maschera, il suo  mondo, la sua città; dall’ affermarsi di una nuova sensibilità orientata verso il misterioso, il magico, l’ occulto;  e, infine, dal “disincanto” che serpeggia fin dentro i fasti del ritorno gioioso e chiassoso del Cetrulo. Tutto questo incoraggia a manipolare il patrimonio culturale del passato nel segno di una nuova raffinatezza, ottenuta mediante la via di fuga nel fantastico, nell’ onirico, nel meraviglioso, liquidando definitivamente quanto rimaneva del realismo convenzionale  realistico, non  del tutto superato nella precedente fase pittorica.

A differenza della fase precedente, l’ immagine rinnovata di Pulcinella attrae  artisti non napoletani, anche di  considerevole spessore.

Serafini

Luigi Serafini, pittore, scultore, ceramista, scenografo, autore del fortunatissimo Codex Seraphinianus, è incoraggiato dal nuovo successo della maschera a ripubblicare in una veste più elegante, nel 2015, il libro (Pulcinellopedia), tradotto anche all’ estero,  che ha fatto uscire nel 1984, come suite di disegni a matita e brevi annotazioni brillanti su  Pulcinella.  “Se con il Codex ho esplorato il mio inconscio, con Pulcinella ho lavorato sull’ inconscio collettivo, direi della stessa identità italiana”, dichiara l’ autore. Di fatto si riscrivono luoghi comuni sui napoletani-italiani, dimostrando che anche essi possono diventare raffinata e divertente poesia. Perché veramente “chi conosca i lavori di Luigi Serafini sa bene come tutta la sua produzione artistica sia permeata da un misto di ironia e dissacrazione visionaria, di ricerca della perfezione (maniacale il suo modo di disegnare a matita) unita alla più felice e liberatoria volontà di creare mondi immaginari. Metafisica, surrealismo, rottura delle regole e necessità di una (dis)ordinata catalogazione convivono in questo raffinato e imprevedibile autore, che già nel 1981 aveva stupito tutti anche Umberto Eco e e Roland Barthes con il suo Codex” (G. Colin)

Kokocinski 

Alessandro Kokocinski, artista apolide  di fama internazionale, espone  a Napoli tra maggio e giugno 2017 una serie di 70 opere, unificate dal titolo La Vita e la Maschera: da Pulcinella al Clown, dedicate alla maschera napoletana  e al suo universo: dipinti, sculture, altorilievi, installazioni, con tecniche unificate, inseriti in un percorso che attraversa i grandi temi di Pulcinella, Petruska, l’ Arena, il Sogno, il Clown, la Maschera interiore. Le opere sono edite ed inedite, alcune composte per il revival pulcinellesco degli ultimi anni. 

Cagli

Come abbiamo anticipato, Corrado Cagli insieme a Franco Torrini ha elaborato la concezione  del gioiello non più come espressone di ricchezza, ma come patrimonio artistico di valore, pensando proprio a un Pulcinella da lui stesso disegnato in una raccolta di disegni dedicata interamente alla maschera riguardante. Cagli guardava a Pulcinella pensando alla grande arte europea (a Picasso soprattutto, ma anche a Matisse, Pollock ecc.) e, negli altri ventidue disegni dedicati al Cetrulo,  il suo referente è il Pulcinella-Napoli raccontato nel libro di Luigi Compagnone Ballata e  morte di un capitano del popolo.

Esposito

Lello Esposito, scultore e pittore nato a Napoli il 10 maggio 1957, perde il padre da piccolo e finisce all’ Orfanotrofio, poi si trasferisce a Ivrea  per lavorare presso suo zio. Tornato a Napoli ancora giovanissimo, è colpito da uno spettacolo di burattini, comincia a produrli e a venderli per strada. Il successo lo  incoraggia a perseverare, aprendo un laboratorio che, crescendo, è diventato un punto di riferimento artistico della città di Napoli nelle scuderie del Palazzo del San Severo, e ha raccolto  consensi all’ estero con varie mostre tenute a New York, Parigi, Bonn, Madrid, Berlino.

Esposito lavora da oltre trent’ anni sulla città di Napoli ed i suoi simboli: Pulcinella, la maschera, l’uovo, il vulcano, il teschio, San Gennaro e il corno nelle varie e possibili metamorfosi. La maschera è  una costante delle sue  opere, tra le quali ha una indiscussa centralità. I suoi primi Pulcinelli hanno le caratteristiche consolidate dalla tradizione,   in seguito vengono trattati con maggiore libertà, diventando sculture di grandi dimensioni, animate da un cromatismo intenso e forte, che conservano ancora le loro connessioni col mistero e col sacro, di cui l’ artista ha saputo rinfrescare la percezione e indagare la profondità. Nella sua riflessione “Napoli è un barocco esistenziale. In questo barocco ho scelto Pulcinella come compagno di viaggio scomodo, e l’ ho rilanciato negli anni settanta come un virus che si diffonde. Molti bottegai di San Gregorio Armeno hanno imparato da me. La maschera che ci appartiene è fatta di viscere, di forte identità e metamorfosi. Più sono forti le identità, più si comunica: sono le viscere a comunicare”. – Delle opere più suggestive spiccano, tra le terracotte policrome, Metamorfosi II, Ascesa (l’ascesa negata), 1992; Pulcinella doloroso(l’addolorato),1992; Tentación, 1992; Peso San Gennaro, 1992;  Peso croce, 1996; tra i bronzi La forza del pensiero,  1994; Peso, 1994; L’urlo, bronzo e smalto,   2003; in alluminio Pulcinella Corno, 2005. Tele su Pulcinella sono Il Gabbiano, 2008, acrilico su tela; gli olii su tela Senza titolo, 2004; Quattro Teste, 2003. 

Mastroberti

Francesco Mastroberti, chirurgo salernitano, nato a Satriano di Lucania, è un pittore, disegnatore, grafico e scultore. Si è sempre dedicato all’arte passando dalla pittura figurativa al disegno, alla grafica acquerellata, alle vignette e caricature, alla scultura. Protagonisti delle sue opere sono ballerine, cavalli, Pulcinella. Ha illustrato libri e partecipato a numerose mostre di pittura e di scultura in Italia e all’ estero. Il suo tema preferito, quasi dominante, è Pulcinella, rappresentato in varie dimensioni e con molteplici materiali e tecniche: Pulcinella, bassorilievo in tufo (1992); Ritratto di Pulcinella, gesso (1995); Pulcinella, ceramica (1997); Pulcinella, terracotta (1998); Pulcinella in preghiera (2003); Pulcinella, ceramica (2007); Presepe:  Pulcinella acquaiolo, garza e gesso (2008): sono solo esempi. Della sua consistente produzione di disegni e grafiche è notevole un Pulcinella, inchiostro di china acquarellato. Mastroberti interpreta il Cetrulo in maniera nuova con una certa vena di drammaticità che si discosta dai modelli classici della maschera napoletana.

Dulbecco

Lo sguardo delle avanguardie europee si riconosce  in Gian Paolo Dulbecco (La Spezia 1941), quando ridipinge temi pulcinelleschi canonici (la nascita, la famiglia, il gioco delle carte ecc.) con aulica raffinatezza, pensando a Delvaux, Magritte, Baldus, Restany, per tradurre  “un bisogno di vie di fuga nel fantastico, nell’ onirico, nel meraviglioso”. A Ravello, nel 2005, Dulbecco ha esposto le sue opere in una mostra personale (I luoghi di Pulcinella) con Emanuele Luzzati. A Pulcinella ha dedicato una parte importante della sua  produzione artistica (I giocatori di carte, Il demone del gioco, La famiglia del povero Pulcinella, La nascita di Pulcinella ecc.). Il gioco delle carte  è “l’ emblema dell’ Enigma, della Sorte, del Caso universale che scompagina i destino degli uomini”, in sintonia col pensiero più autentico della maschera (“fatto strummolo son del mio destino”): spaesamento e incertezza esistenziale, restituiti in un linguaggio pittorico estremamente  raffinato. “I suoi Pulcinelli biancovestiti sono i pifferai magici del Mistero, i custodi e i mastri di porta della nostra incertezza esistenziale, ma ci additano anche il chiarore della Luna, quella magia della finzione artistica dove le tessere del Caso possono montalianamente ricomporsi, disegnando finalmente un verdetto nitido” (…).

Pazienza

Diciassettemila hanno visitato la mostra allestita a Castel Sant’Elmo nel novembre del 2009, Tracce di Napoli, che esponeva simboli e segni della napoletanità e in particolare di Pulcinella in tanti oggetti e disegni del fumettista “rockstar” Andrea Pazienza: dallo Zanardi Pulcinella (1986), logo dell’evento, ai piatti disegnati per il ristorante “Lo scoglio” di Baia. Pur non essendo vissuto a Napoli, Pazienza ne ha subito il fascino, che gli ha ispirato  oltre 200 tavole originali, bozzetti, schizzi, oggetti personali e documenti audio e video. A vent’anni dalla morte, la mostra ha voluto seguire le tracce del fumettista dagli esordi bolognesi alla maturità, riconoscendo l’importanza di Napoli e dei napoletani nel suo percorso e dimostrando autorevolmente che Pulcinella si presta a tutti gli stili e a tutte le visioni.

Galdo

La credibilità guadagnata dalla maschera e la dimensione innovativa in cui si andava collocando ha fatto guadagnare a Pulcinella l’ interesse di pittori marginali eccentrici, facendoli uscire allo scoperto. Nella sua personale (Pulcin) del dicembre 2013, organizzata dall’Associazione culturale AvantgArte, a Pompei, l’artista Galdo presenta una provocatoria rilettura di Pulcinella, mostrando i frammenti slegati e contraddittori in cui la maschera si trasforma: a partire dall’ età romantica la maschera ha sempre parlato dell’ oggetto che copriva,  a volte però, come nel caso di Galdo,  l’ oggetto rischia di perdersi  nel soggetto: “Ho preso in prestito una maschera – confessa Galdo – ora posso finalmente recitarmi. La userò come mia forma e parlerò di me”. L’artista decontestualizza il Pulcinella dei bassi prestandogli la sua voce, trasformandolo in un Pulcinella del nuovo millennio; una maschera tormentata, agonizzante, amorale e ingenua.

Lubelli

Fausto Lubelli, noto artista salernitano contemporaneo, scopre Pulcinella mentre cura la scenografia di uno spettacolo, e avvia una riflessione personale sulla maschera, producendo la serie delle teste di Pulcinella al Duomo ed altri gruppi che si rifanno al medesimo schema. Le ultime fatiche su questo tema  approdano al ciclo denominato Odissea di Pulcinella, presentato in una mostra salernitana del 2011, quaranta pezzi unici in ceramica (tavelle, piatti, vasi, supporti), in cui viene illustrato con eleganza e levità di tocco un  avventuroso itinerario mediterraneo di un Pulcinella rivestito dei panni eroici dell’ eroe omerico ramingo sui mari, ormai dimentico della sua saggezza (“Guarda lu mare, ma tienite a la taverna”), e diventato – nell’ interpretazione di alcuni – l’ “emblema di una modernità scissa”.

Cosa cambia nel teatro di figura

Dall’ antagonismo al riflusso

La rinascita del Pulcinella del teatro di figura è passata inizialmente per una fase utopica, che ha coinvolto soprattutto i guarattellari vicini ai gruppi intellettuali politicamente impegnati negli anni Settanta e Ottanta. Era la fase della riscoperta del popolare e del tuffo nella folla con l’ansia di cambiare il mondo, che ispirò buona parte della cultura progressista del tempo; il tempo  in cui Brunello Leone si autodefiniva “artista del popolo per il popolo”, metteva al servizio dell’ impegno politico le abilità e competenze acquisite alla scuola del guarattellaro Nunzio Zampella, che all’ ideologia era estraneo, si inventava un  astorico Pulcinella giacobino e celebrava la rivoluzione francese del 1789.

L’ aspetto più interessante di questi anni è stato proprio il fatto che questi rapporti politici e personali sono stati per i guarattellari napoletani un’ occasione di crescita culturale, che modificava ora superficialmente ora profondamente  i contenuti dell’ arte tradizionale del teatro di animazione e influenzava in qualche modo anche le sue forme: le quali però, come era accaduto con Eduardo de Filippo, che aveva anticipato le  manipolazioni ideologiche della pulcinellata, rimanevano nella maggior parte dei casi sostanzialmente quelle delle guarattelle tradizionali, soprattutto nella versione codificata da Nunzio Zampella, ossia un patrimonio tecniche, movimenti, gesti, ritmi, trovate, linguaggi, immagini, poesia, di cui non si riusciva a fare a meno.

Molte cose sono cambiate nel corso degli anni Ottanta: si è rinunciato a voler “cambiare il mondo partendo dal teatro”, è scomparso l’ antagonismo col teatro ufficiale e i suoi luoghi e riti,  la nozione di “teatro di base” o “teatro della città” ha sostituito  quella di “teatro popolare”, ma gli spazi  sono rimasti quelli del centro storico cittadino, con una crescente vicinanza ai luoghi dell’ emarginazione e della sofferenza (ospedali, manicomi, anziani), oltre la frequentazione delle scuole primarie e dei bambini. Rimane “la consapevolezza, recentemente acquisita, che proprio le forme teatrali considerate marginali, come il teatro di strada o il teatro di animazione, oppure le forme ibride, impure, inclassificabili concentrano il senso stesso dell’evento teatrale.  Rimane insomma “la concezione del teatro come evento corale, come festa carica di significato profondo, capace di rafforzare la comunità infondendole nuovo slancio” (Brunella Eruli), insieme all’  acquisizione di una nuova identità, di un riconoscimento culturale, di una funzione sociale.

Il “teatro della città”

Nel gennaio del 1995 il Comune di Napoli promuove per il Carnevale un ciclo di manifestazioni culturali e spettacoli denominati Pulcinella alla gogna, in cui Pulcinella  ha una forte centralità, e con lui i guarattellari napoletani, che si propongono come protagonisti dell’ evento, che prevede la benedizione di Pulcinella sul sagrato della chiesa di S. Antonio Abate e il “cippo” di Pulcinella in piazza Gerolomini. Le guarattelle non sono più l’ arte marginale di artisti solitari al limite della sopravvivenza: aspirano a diventare  elementi significativi della nuova ritualità cittadina, che si vuole rifondare sulla tradizione, riscritta sulle nuove domande sociali e culturali: “Si tratta – dichiara l’ assessore Guido D’ Agostino nel presentare l’ iniziativa – di una catena di azioni che coinvolge il territorio, i quartieri, ed è una riproposizione antropologica del quotidiano, un modo di scandire il tempo della vita, di ancorarci al calendario, alle tradizioni della città”.

Dalle esperienze culturali colte (o riscritte dai colti) assai più che dalla tradizione del teatro popolare minore e  minimo  si selezionano i pochi e pregnanti simboli delle nuove rappresentazioni: l’ uovo di Virgilio (l’ “anima fragile della città”), gl’ inferi ed il  sottosuolo demoniaco (il male, la camorra), il canto delle sirene, che diventano gli strumenti per rappresentare le piaghe di Napoli e la sua volontà di rinascere: in perfetta sintonia con lo spirito della conclamata “rinascenza” di quegli anni.  

In iniziative come queste i teatranti lavorano a fianco delle associazioni culturali e ai gruppi del volontariato operanti nel centro antico, oltre che con l’ appoggio, sempre più stretto e solidale, delle istituzioni comunali. Le esperienze intellettuali della precedente stagione avevano avvicinato al mondo della maschera direttamente soprattutto i ceti borghesi colti, e solo indirettamente quelli popolari, le esperienze su cui stiamo riflettendo mirano a coinvolgere i ceti proletari e sottoproletari, che nel Pulcinella delle bagattelle più facilmente si riconoscono, senza peraltro condividere del tutto il messaggio politico implicito.

Il Comune di Napoli è diventato un punto di riferimento fondamentale per ogni iniziativa concernente la maschera cittadina, in modo particolare gli operatori del teatro di figura. Col suo sostegno la “Scuola di Pulcinella ‘96” ha organizzato, con partecipazioni straniere, un Festival di spettacolo e di studio sulle guarattelle, curato da Bruno Leone. I rapporti internazionali cominciano ad essere una caratteristica importante, a tutti i livelli, di questa nuova stagione della storia di Pulcinella, che si intensificano con iniziative come il “Festival del teatro di figura” del luglio 1996, a Napoli: quattro giorni con i  burattini, a cura di Bruno Leone, con l’ assistenza dell’ Osservatorio Culturale del Comune di Napoli e la partecipazione della  Punch & Judy Fellowship  inglese e il Théâtre du Polichinelle Parisien.

Brunello Leone

Brunello Leone, transfuga dalla professione di architetto per farsi burattinaio,   ha acquisito dalla  scuola di Nunzio Zampella, dopo un lungo apprendistato, l’ insieme delle tecniche, competenze e abilità, che formavano il sapere quasi iniziatico dei più importanti burattinai, per utilizzarle come “artista del popolo per il popolo” (soprattutto nella lunga fase iniziale) ma al tempo stesso recependo  suggestioni e temi da conoscenze e rapporti intellettuali, che non gli sono mai mancati. Oltre a riproporre fedelmente gli spettacoli del suo maestro, Brunello introduce nelle rappresentazioni tradizionali una serie di innovazioni, consistenti in una selezione di elementi della tradizione pulcinellesca  (miti, figure, maschere, scene, suoni, ritmi della pulcinellata del teatro di figura), rivisitati con l’ occhio di chi ha gli strumenti per decifrarli e rielaborarli con una indiscutibile fantasia di poeta con una abilità così consumata da sembrare naturale. Le innovazioni, soprattutto tematiche, rinnovano o arricchiscono il repertorio tradizionale, con aperture verso grandi temi di attualità, sempre esposti alle tentazioni del travestimento ideologico. Dei suoi spettacoli più noti, di cui ha curato spesso la pubblicazione dei testi, ricordiamo Pulcinella e Carnevale (1981), Pulcinella e la rivoluzione francese (1989), Il convitato di pezza (1995), Pulcinella 99: voglia di utopia (1999), Pulcinella contro Gigi-8 (2002), Pulcinella e Santa Patrizia (2004), Pulcinella della Mancia (2005), Pulcinella e S. Gennaro (2006), La favola del Poeta e Pulcinella (2010), Salomè (2012).

Brunello Leone ha anche speso una parte considerevole del suo impegno nel promuovere la rinascita del teatro di figura in Campania, che ha raccolto nella sua fase morente dall’ esempio di Nunzio Zampella, curando i rapporti con le istituzioni e creando forme di associazionismo e di collaborazione non occasionale con gli altri guarattellari della regione, formando una scuola che porta il segno della sua esperienza. I suoi rapporti, anche di collaborazione, con i burattinai di molte parti del mondo, hanno restituito in forma moderna al teatro di figura il nomadismo che era una delle componenti fondamentali della sua storia.

La tendenza tradizionale

Salvatore Gatto

Salvatore Gatto, napoletano, è un noto guarattellaro e cantante presente  dal 1980 nel mondo dello spettacolo. Interpreta il repertorio pulcinellesco con scene di vita popolare  nelle strade, le piazze, i festival e i teatri, riprendendo nelle sue opere il tradizionale canzoniere napoletano. Pulcinella ne è sempre il protagonista e nel suo pensiero simboleggia l’uomo, mentre gli altri personaggi che lo affiancano rappresentano allegoricamente le sue paure che deve debellare e i suoi bisogni che deve appagare. Sono sue opere: Pulcinella e il cane, Pulcinella e il cane, parte seconda, Colpa dell’ euro ovvero Pulcinella e il Diavolo, Le Guarattelle. In Il posto privato Pulcinella canta una canzone d’ amore a Teresina, contrastato dal guappo del quartiere, Pasquale Terremoto, che lo costringe al duello: interviene il Carabiniere, Pulcinella è arrestato e condannato all’ impiccagione, ma, come al solito, sarà il boia a finire impiccato.

I Fratelli Ferraiolo

Pulcinella è protagonista anche nel teatro della famiglia Ferraiolo, che  ha avuto  origine nei primi anni del Novecento, con Pasquale Ferraiolo,  seguito dai suoi figli Salvatore e Francesco e poi dai figli di quest’ ultimo, Pasquale, Vittorio e Adriano. Oggi questo  teatro continua con Silvana Ferraiolo e i suoi figli, che offrono spettacoli in scuole e locali pubblici. Rappresenta temi e motivi della vecchia commedia dell’arte, con personaggi tradizionali e nuovi, per un pubblico che raccoglie tutte le fasce di età, dai più piccoli agli anziani.

Molto apprezzate sono le rappresentazioni: Pulcinella e don Gennaro pittori di un morto vivo (Don Florindo tenta di rubare un quadro di valore al suocero Don Gennaro per  venderlo e poter curare sua madre  malata. Pulcinella prima pensa di recuperare il mal tolto con le bastonate, poi comprende la bontà della causa di Don Florindo, e lo fa perdonare); Pulcinella creduto marito spagnolo, medico chirurgo, sposo americano (Pulcinella è un cameriere che per una serie di equivoci è scambiato più volte per un’ altra persona); Una falsa estrazione (un usuraio vuole far credere a Pulcinella che i numeri giocati da lui e dal suo amico Felice Sciosciammocca usciranno al lotto. I due amici vincono realmente divenendo milionari e l’usuraio viene arrestato); Pulcinella asino per Carolina (Pulcinella e Peppino lavorano per Boroboamo Corbolone, ma vengono da lui licenziati perché ama Carolina e i due sono suoi rivali. Questi ultimi si travestono uno da asino e l’altro da mugnaio per rapire la dama. Alla fine ad avere la meglio è l’asino, ossia Pulcinella, che conquista Carolina); Pulcinella, Balduccio e l’esorcista (altra scena giocata, secondo il modello classico, sull’equivoco verbale, la deformazione onomastica e la mimica  pulcinellesca); Pulcinella Angelo Iannelli e il teatro Ferraiolo (Pulcinella recita per i bambini di una scuola elementare, brevemente introdotto da una presentatrice e interventi dello stesso Iannelli); Pulcinella rap (Pulcinella nel suo spettacolo esegue una interessante canzone rap scritta da Giò Ferraiolo).

Renato Barbieri

Nel 1976 Renato Barbieri, insieme a Massimo Troisi, Lello Arena, Luciano Mandato ed altri giovani, fonda l’Associazione culturale Centro Teatro Spazio ed apre un teatrino orientato verso il teatro d’avanguardia. Da quando, nel 1979, insieme ai figli Alessandra ed Antonello si è dedicato interamente al teatro dei burattini, guardando alla tradizione, riscrive le farse di Antonio Petito e le porta in giro con la maschera di Pulcinella, utilizzando una baracca mobile ripresa da un antico modello cinese. Ha prodotto lo spettacolo Pulcinella e Teresina, basato sulla nota trama classica, realizzata nel linguaggio della pulcinellata.

La Compagnia degli Sbuffi

Fondata nel 1985 da Aldo de Martino,  Violetta Ercolano ed altri attori, giovani e anziani, provenienti da diverse esperienze teatrali,  opera stabilmente a Castellammare  di Stabia. Gli Sbuffi aspirano a rinnovare sperimentalmente personaggi, temi e linguaggi del teatro di figura, anche mediante attività di ricerca e di formazione, col coinvolgimento delle scuole e l’organizzazione di mostre e convegni. Nei loro spettacoli ha spazio anche un vivace  Cetrulo, in Pulcinella e le streghe di Benevento,  e in Pulcinella e la cassa magica. In Rosa d’ argento, rosa d’ amore si canta la celeberrima Serenata di Pulcinella.

Maria Imperatrice

Napoletana, una delle poche burattinaie italiane, ha dato vita al suo Pulcinella col repertorio tradizionale e riproducendo con abilità la sua voce con la pivetta.

Innovazioni

Gaspare Nasuto

Burattinaio e scultore della tradizione napoletana. Intraprende la sua attività nel 1989. E’ maestro nella creazione di burattini nel suo studio “La Domus di Pulcinella”, dove realizza masterclass e seminari per i suoi studenti e forma una nuova generazione di artisti burattinai. I suoi burattini in legno sono riconoscibili in vari musei e collezioni private in Italia e all’estero. Fa teatro in Italia e altri paesi come Svizzera, Austria, Inghilterra, Spagna, Croazia, Russia, Iran, Colombia, Romania, Portogallo, Slovenia e Belgio. E’ radicato stilisticamente nella tradizione delle guarattelle, ma le sue conoscenze letterarie  gli consentono di andare oltre l’ universo tematico e visivo delle trame consuete.

Tra le sue opere, nuove e sperimentali: Un Faust per Guarattelle; SE77E, dal “Settimo sigillo” di Bergman; Aspettando Godot, da Beckett (con Bruno Leone); Kamikaza e rock’roll da Mishima (con Alessio di Modica); V Garibaldi V; Pulcinella a quattro mani (con  Luca Ronga); Guarattelle da tre soldi, da Brecht; Pulcinella di mare (dai canovacci classici di Pulcinella e il cane); L’ asino del Diavolo.

Gianluca Di Matteo

Formato nell’arte delle guarattelle dai maestri Bruno Leone e Salvatore Gatto, Di Matteo sperimenta percorsi autonomi e innovativi. Come altri guarattellari, produce da sé i suoi burattini, uno dei quali si conserva presso la collezione del  Center for Puppetry Arts di Atlanta (USA). Ha inoltre realizzato i puppets per il progetto multimediale di social networking QuiXote  che ha vinto il premio “Scrittura mutante” nel 2005. Collabora con la compagnia di teatro sperimentale Opus Arts-Servi di Scena di Torino per produzioni che vedono in scena attori e burattini.

Il suo spettacolo L’uomo che viveva nell’armadio, ricavato da un canovaccio dell’Ottocento conservato al Museo Nazionale del Cinema di Torino, unisce tematiche inquietanti e situazioni burlesche dei burattini, dando vita a una intricata storia d’amore. In 85. Le Anime del Purgatorio, il Purgatorio è Napoli, con la sua incompiutezza e le sue contraddizioni, restituite lucidamente nel linguaggio delle guarattelle, ibridato da nuovi linguaggi che si alimentano delle suggestioni suggerite dalla ricca e preziosa iconografia di Pulcinella. Con La veridica istoria  Di Matteo si serve ancora del linguaggio rinnovato delle guarattelle per interpretare, tra i riferimenti all’ antropologia criminale di Lombroso, la situazione di due sorelle siamesi innamorate dello stesso uomo. “Tra le righe le patologie, i non detti, gli intrighi, il torpore e le speranze di un popolo che, dopo la sua alba, sembra stia tristemente assistendo al suo tramonto” (…).

Alberto Baldi

Alberto Baldi, professore di discipline antropologiche all’ Università Federico II di Napoli, progetta e mette in scena, come direttore artistico e di produzione, lo spettacolo, unico nel suo genere, Pulcinelliade, per “dare corporeità e vita alle variegate forme del teatro di figura meridionale, per comprenderne le cifre stilistiche, per poterne leggere i presupposti simbolici e connotativi, i modelli culturali e l’ apparato di valori su cui poggia”. Uno spettacolo che nella sua singolarità combina e fa interagire “le trame e le suggestioni di una rappresentazione a tecnica mista con pupi, marionette, guarattelle, animatori, attori e musicisti in scena”, con l’ obiettivo di “restituire sintesi intellegibili ed efficaci di distinte tradizioni, di scuole di animazione fino ad oggi preoccupatesi specialmente di rimarcare la propria solipsistica specificità  ed in questo spettacolo indotte invece a dialogare, a parlarsi pur nel rispetto delle reciproche peculiarità recitative”. In questa compresenza o mescolanza di generi tutto ruota intorno alla figura di Pulcinella, incarnazione della difficoltà di vivere, lottando con le forze di un potere oppressivo o sordo e indifferente, incarnato da “un guappo arrogante, un gendarme stolido,  un prete vanesio, un diavolo avido di anime, un boia stupido”. Gli antagonisti di Pulcinella “assumono prima le fattezze del pupo che nella sua vistosa fisicità, nella sua voluta corpulenza scenica, nella sua rigidità posturale, suggerisce una fissità comportamentale tesa a far osservare solamente la propria regola e a imporre il proprio, esclusivo punto di vista”. Alla fine però Pulcinella ricondurrà “gli sgherri sul suo terreno, dove essi finiranno per palesare, a conti fatti, la loro pochezza, facendosi, letteralmente, piccoli, guarattelle alla mercé della loro vittima di un tempo”. Del cast interdisciplinare organizzato dal direttore artistico fanno parte Roberta di Domenico De Caro, sceneggiatore e primo animatore, Valeria Squillante, direttore musicale e musicista.  Compositore e musicista per la musica classica è Andrea Tarantino, per la musica popolare è Rugiada Ligorio; la scenografia è di Antonio Di Tuoro; i costumi sono di Rita Ferraro.  La Compagnia Cugini Di Giovanni e Roberta di Domenico De Caro hanno fornito pupi, marionette e guarattelle.    

Nelle altre regioni italiane

La Compagnia  Granteatrino e la Casa di Pulcinella

Fondata nel 1983 da Paolo Comentale, la compagnia Granteatrino è stata riconosciuta dal Ministero come impresa di produzione teatro – ragazzi, e nel 1988 come Teatro di figura di portata nazionale. È un teatro stabile dotato di una sala principale e altri spazi adibiti a laboratorio e  attività espositive. Nella Compagnia opera  un ricco staff in cui si distinguono attori come lo stesso Paolo Comentale, Anna Chiara Castellano Visaggi, Marianna Di Muro e altri artisti. Si rappresentano spettacoli per lo più per bambini, studenti di ogni età, con scopi pedagogici e di formazione.

La Casa di Pulcinella è stata fondata a Bari nel 1988 dall’ Associazione  Granteatrino per sostenere  la ripresa del teatro popolare dei burattini, dei pupi e delle marionette. Fondatore dell’Associazione è Paolo Comentale. Ha un pubblico prevalentemente di ragazzi e giovani, ma è gradita e seguita da un consistente numero di scrittori, musicisti e scenografi. 

Paolo Comentale

Paolo Comentale nasce nel 1956 a Napoli. Laureato in lettere moderne presso l’Università degli Studi di Bari, ha seguito un corso di formazione dell’attore diretto da Carlo Formigoni, un corso di costruzione e animazione di burattini diretto da Otello Sarzi, un altro di mimo-clown diretto da Dario Fo. Ha collaborato con vari artisti e musicisti di spicco e con il regista Giuseppe Tornatore.  Idea e realizza laboratori teatrali, di animazione della lettura, di uso creativo di materiale povero e inoltre forma allievi, attori e burattinai. E’ un regista, attore e animatore di spettacoli teatrali rappresentati in tutt’Italia, in Europa, Australia, Giappone, Cuba, Stati Uniti, Thailandia, Africa. E’ il fondatore e direttore artistico del Teatro Casa di Pulcinella di Bari ed è tra i fondatori dell’Associazione Teatri di Figura.

Delle sue opere, di solito  incentrate nella maschera di Pulcinella,  ricordiamo: Pulcinellabirintus, 1983; Raccontando Shakespeare, 1990; Pulcinella e il gran mago Aristone, 1992; Pulcinella alla disfida, 1993; La strega Teodora, 1995; Pulcinella e il pesce d’Oro, 1996; Pulcinella e il pentolone magico, 1997; Pulcinella al circo, 1998; Pulcinella e la botte stregata, 1999; Pulcinella paladino, 2002; Don Cristòbal e Pulcinella, 2009; Pulcinella e la befana, 2015; Pulcinella e la prova del coraggio, 2015; Le 99 disgrazie di Pulcinella (2015).  I temi affrontati nei suoi spettacoli,  che in media durano 10 minuti,  si rifanno alle classiche favole per l’ infanzia (notevole l’ influenza di Italo Calvino) e ai canovacci pulcinelleschi:  in Pulcinella nel castello misterioso Pulcinella, proprietario di un maniero,  deve fronteggiare quattro fantasmi burloni in una notte agitata e  chiassosa, e così via. Gli spettacoli   attraggono le famiglie con bambini dai 4 agli 8 anni. Tra le risorse tecniche, l’ uso della pivetta e l’ improvvisazione musicale e teatrale. I luoghi sono le piazze, i teatri e le scuole.

Comentale è stato notato subito dalla critica  come un innovatore profondo. Antonio Fiore ha scritto a proposito dello spettacolo barese del 1987: “Nulla è arbitrario o gratuito in questo  Pulcinella principe in sogno, che Paolo Comentale ha allestito per i burattini di Natale Panaro. Pulcinella e Comentale si frequentano con diletto del pubblico già da un po’: se l’ anno scorso potevamo riferire della grazia 

aerea di Pulcinella varietà, oggi verifichiamo che quel che  il giovane burattinaio del “Granteatrino” sacrifica in levità, lo acquista in padronanza dei tempi teatrali, in controllo degli effetti, in abile distribuzione di colpi di scena. (…) Anche per Pulcinella la vita è sogno; ma le musiche concentriche e solo apparentemente sbarazzine, tutte tratte dal Rota felliniano, (Amarcord in testa), e soprattutto la chiara derivazione dall’ episodio pasoliniano Che cosa sono le nuvole, regalano allo spettacolo quell’ aura melanconica che si deposita, come un ultimo dono a sipario chiuso, sui molti sorrisi che l’ allestimento regala non solo ai piccini (…). La chiave d’ accesso deve essere cercata nel tratto musicale, al tempo stesso disincantato e lieto, di Lele Luzzati, che firma i quattro fondali dello spettacolo”.

Il Teatro nel baule

Il successo di Pulcinella a Napoli interessa anche i toscani,  Il “Teatro nel baule” è un gruppo di teatranti di solida formazione, diplomati alla Scuola di Mimo Corporeo ICRA Project, costituito da Sebastiano Coticelli, Simona Di Maio, Dimitri, esperti di commedia dell’arte, pantomima, clawn, ginnastica acrobatica ecc. Si sono formati in scuole importanti con ottimi maestri. Non hanno resistito alla tentazione di interpretare Pulcinella con lo spettacolo  Uno, ddoie, ddoie e mmiezo, tre … Puliciné!  in cui il Cetrulo, dopo aver ucciso il cane, viene costretto all’impiccagione dal carabiniere ma  dopo varie peripezie riesce a cavarsela. E’ una versione della storia di Pulcinella e Teresina, interpretata da attori-burattini in un piccolo teatro.

La Fondazione Toscana Spettacolo

Anche la Fondazione Toscana Spettacolo, costituita nel 1989 con legge della Regione Toscana, che opera con il sostegno del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo e degli enti locali toscani, ha tra i suoi  spettacoli il  Teatro di burattini (2015): il marionettista Daniele Guadagna racconta la storia di un piccolo struzzo-marionetta, accompagnato dal suono di una fisarmonica, che è il commento sonoro alle solite avventure con Pulcinella e il Diavolo che litigano per un baule contenente la chitarra di Nicolino.

Che c’è di nuovo nel teatro degli attori

La controversa eredità  di Eduardo de Filippo

La frequentazione della pulcinellata attraversa molti momenti della storia teatrale di Eduardo de Filippo (1900-1984), prima di essere problematizzata nella sua commedia  Il figlio di Pulcinella. Nel 1926 egli porta sulla scena Il suicidio di Pulcinella, farsa teatrale di Antonio Petito; nel 1930 rappresenta Pulcinella principe in sogno; partendo ancora da Petito, nel 1938 scrive  e rappresenta a Roma Pericolosamente, mutata nel 1947 in  San Carlino; il  1954 è l’ anno di  Palummella zompa e vola, anch’ essa petitiana, in cui egli stesso interpreta il ruolo del Cetrulo,  con la supervisione del Pulcinella Salvatore De Muto; quattro anni dopo riscrive e fa rappresentare a Milano Pulicenella ca ba truvanno ‘a fortuna soia pe’ Napule  di Pasquale Altavilla, di cui cura egli stesso la regia. Come abbiamo visto, l’ opera scritta nel 1957 e rappresentata  la prima volta il 20 ottobre 1962 al Teatro Quirino di Roma (Il figlio di Pulcinella) è quasi un saggio critico su Pulcinella, che ha condizionato la storia della maschera nel bene e nel male fin quasi ai nostri giorni.

Non si può dire che  de Filippo non amasse il  teatro di Pulcinella. Ha portato la pulcinellata tradizionale sulla scena  con una frequenza significativa, e, anche se i testi venivano riscritti e in qualche modo diventavano testi di de Filippo, sotto molti aspetti rimanevano i testi ottocenteschi di Petito e di Altavilla. Fu   amico degli ultimi Pulcinelli tradizionali, da De Muto a Coppola, li riconobbe e protesse, ma mostrò attenzione anche agli  innovatori; accettò ritualmente la maschera di Pulcinella come una lusinghiera investitura, ma se ne liberò elegantemente. Al tempo stesso le sue scelte politiche, le sue convinzioni ideologiche e il suo moralismo lo portavano a svuotare  la maschera dei suoi significati autentici e profondi per riempirla di stereotipi negativi,  vecchi di secoli, o di valori nuovi, estranei alla storia del  personaggio. La verità è che  de Filippo salvava del teatro di Pulcinella la possente macchina napoletana per far ridere e divertire, di cui fu imitatore ed emulo,  e, in un contesto dominato dalla sua figura, per prestigio e potere, era più che naturale che nel teatro napoletano si riproducesse questa ambivalenza: alcuni suoi discepoli, ammiratori ed epigoni si sintonizzarono sulle sue scelte e lavorarono nello spirito della tradizione da lui riplasmata; altri rimasero influenzati dalla sua disistima morale  della maschera, di cui aveva auspicato, come sappiamo,  la fine.

Resistenza del teatro semipopolare

Gli ultimi petitiani

Nel gennaio 1954 si ritirava dalle scene Salvatore De Muto, da molti considerato l’ ultimo Pulcinella, dopo aver interpretato ‘O Munaciello dint’ a casa ‘e Pulecenella. Nell’ occasione consegnò a Eduardo de Filippo, davanti al pubblico applaudente, la mezza maschera nera, secondo un rito che significava un riconoscimento e assegnava una discendenza. Nel 1853 Petito padre aveva consegnato allo stesso modo la maschera al figlio Antonio, e nel 1980 Gianni Crosio e poi Eduardo de Filippo quattro anni dopo l’ avrebbero assegnata a Carmine Coppola.

La tradizione del teatro di Petito continuò dal 1992 al teatro Bruttini per opera dei giovani universitari del trio Petito-Pepe, del Trio del S.Carlino (il Pulcinella Antonio Sigillo, il Tartaglia Pasquale Esposito e la Colombina Lucia Oreto), e di altri attori, tra i quali emergevano Nino Taranto, Enzo Moscato, Tommaso Bianco. I luoghi degli incontri, delle recite e delle performances erano non solo i teatri (Bruttini, Cilea, Cineteatro America) ma anche alcuni salotti napoletani, dove si coltivavano,  oltre il teatro, la musica, le canzoni, il dialetto  e le tradizioni partenopee, come i salotti Cerino e Tolino. In particolare Salvatore Tolino aveva ottenuto che nel teatro Centrale di Roma il regista Romeo De Baggis facesse rappresentare dai napoletani tra il 1988 e il 1989 Don Anselmo innamorato  e altre pulcinellate del Trio del S. Carlino.

Questa operazione di De Baggis ha trovato un interprete intelligente in Giorgio Prosperi (“Il Tempo”, 22/1/ 1988), che ha restituito il senso di questo interesse per Petito: “Petito è l’ ultimo rappresentante di quel passaggio dal teatro improvvisato al teatro scritto, dalla macchietta al personaggio. E non perché, come alcuni credono, nasce prima l’ attore e dopo il personaggio, ma perché l’ attore primitivo è già in qualche modo autore di se stesso, e, senza un’ idea in testa, non saprebbe che dire o che fare. De Baggis s’ è messo dunque alla ricerca per Napoli e provincia delle tracce di questo teatro primitivo, che trovava il suo spazio dove poteva, e ha ricostruito con le scombinate tessere di un mosaico un’ immagine di teatro, che stimola la curiosità dei piccoli e forse, ancora di più, la nostalgia dei grandi. E ha presentato ai romani l’ ultimo Pulcinella vivente, l’ ottantaduenne Antonio Sigillo”.

Forte di questo interesse e di questo consenso, il teatro dialettale semipopolare ha continuato a rappresentare con una certa frequenza pulcinellate di Petito e di altri della stessa tendenza nei soliti teatrini napoletani e alla NATO di Bagnoli. Nel maggio 1993 alla Riggiola il Trio San Carlino ha presentato Magia al San Carlino con Pulcinella, ricavato da alcune farse dell’ eterno Petito e nel settembre Si ride al San Carlino. Alla base NATO nello stesso anno si sono rappresentate Don Anselmo innamorato  e ‘A malata sempre di Petito. Intanto si va alla ricerca di nuovi luoghi e di un pubblico diverso, come bambini, anziani e marginali: Lucia Oreto e Rino Gioielli nel teatro del Centro Asterix di San Giovanni interpretano nel dicembre del 2005 Pulcinella solista di trombone, farsa scritta dallo stesso attore. Si comincia al tempo stesso a fare un bilancio di questo teatro petitiano: pur nella presa d’ atto che l’attività dei petitiani “ha poco spazio nel panorama teatrale”, con grande equilibrio si riconosce che “il loro teatro è fatto di farse, di giochi teatrali, dove il guittismo recitativo non è mai sopra le righe, al contrario rappresenta lo stile di quest’ arte. Il personaggio di Pulcinella, reso da Antonio Sigillo, è sempre stato trattato con mano leggera, senza appesantire la situazione forzando i tempi e i ritmi comici che sono propri del personaggio (…) Un tipo di teatro leggero come tematica, a prima vista ma con tanta morale, mostrata con leggerezza proprio perché passa attraverso giochi di equivoci dialettali e situazioni”. Nel 2013 Lucia Oreto rilancia il teatro di Pulcinella con il Nuovo Teatro Stabile San Carlino con Angelo Iannelli ed altri, puntando, oltre che sulle pulcinellate petitiane, sulla commedia musicale, di cui parleremo più avanti. Le commedie che ripropongono Petito o che si ispirano a lui o riprendono canovacci della Commedia dell’ Arte, per iniziativa, per lo più, di dilettanti, imperversano in genere nei piccoli teatri e nei teatrini di quartiere o di associazioni di ogni tipo (ferrovieri, personale ospedaliero ecc.). Nell’ impossibilità di menzionarli tutti, ci limitiamo a ricordare: Pulcinella e il mistero del castello, curato da Virginio De Matteo in Salerno (2008); Pulcinella al ristorante di Siro Pillan; Universo petitiano, di Antonio Vitale; Processo a Pulcinella,  di Marco Manchi: un teatro di popolo, ossia gestito e interpretato da personaggi vicini alla gente o parte di essa, che a mo’ di controcanto cerca a volte di incunearsi nelle sfere “alte” della musica, come quando l’ orchestra “Amici del ‘700 napoletano” annuncia nell’ agosto 2017 lo spettacolo nel Chiostro di San Lorenzo Maggiore ‘E stagioni ‘e Pulecenella (da un’ idea di Marco Traverso),  che avrebbe dovuto accompagnare  Le Quattro stagioni di Antonio Vivaldi  con Il  racconto di Pulcinella. Programma non rispettato per dissensi interni all’ organizzazione.

Vestito di Petito

Coppola

Carmine Coppola cominciò come cantante, ammiratore e amico di Claudio Villa, che lo coinvolse in alcune sue esibizioni. La scoperta di Pulcinella segnò una svolta nella sua vita, intorno al 1969, quando l’ immagine del Cetrulo aveva cominciato a risorgere per merito degli intellettuali e degli artisti, ma i suoi maestri furono quasi esclusivamente gli ultimi protagonisti del teatro tradizionale di Pulcinella (De Muto, soprattutto Crosio), attori a volte di eccezionale bravura, che proprio la fedeltà a una grande tradizione aveva relegato nella marginalità, dentro spazi sempre più ristrettamente popolari. Essi rimanevano i depositari di un complesso di competenze professionali, che concernevano la gestione della parola, il movimento del corpo, la tecnica dell’ improvvisazione della pulcinellata:  un linguaggio verbale e gestuale che una pratica secolare aveva codificato nelle forme di un gergo dotato di una grammatica complessa e quasi criptica. Coppa è cresciuto in questa marginalità sapiente, quasi un mondo a parte, ancora  vitale. A vederlo recitare, ci si sente trasportati nel teatro di Petito, e, quando interpreta, partendo da un testo di Rocco Galdieri, il conflitto tra Pulcinella padre e Pulcinella figlio (che ha attraversato,  da Viviani a Eduardo de Filippo,  la storia della pulcinellata del Novecento, che è stata una storia di figli d’ arte, con tutte le tensioni e le contraddizioni che la modernità per questo fece  esplodere), restituisce una commovente autenticità partenopea, appassionata e dolente, a una situazione alla quale Eduardo de Filippo aveva dato un senso soverchiamente ideologico.

Vincenzo De Simone

Vincenzo De Simone, nato a Napoli il 1946, traduttore in versi napoletani del Cuore di De Amicis, in età avanzata è ripreso dalla  passione per il teatro e la poesia che aveva coltivato da bambino. Oggi si diletta ad interpretare Pulcinella  nei teatri e salotti culturali della città di Napoli. E’ autore di Pulcinelle, autoritratto di Pulcinella; sul Cetrulo è ritornato con Totonno ‘o pazz, dedicato alla morte di Antonio Petito, e La maschera, scenetta pulcinellesca. Nel 2012 gli è assegnato il Premio Masaniello, in Napoli.

Pulcinellate di Tommaso Bianco

Tommaso Bianco nasce ad Arzano nel 1943, si forma alla scuola di Eduardo de Filippo, accanto al quale ha interpretato una volta Pulcinella e dal quale ha derivato i tratti fondamentali della sua arte comica. Da qualche tempo vive a Bologna, dove dirige una scuola di teatro napoletano. Nel suo primo repertorio pulcinellesco figura Lu curaggio de nu pumpiero napulitano di Scarpetta, rappresentato nel 1877. La struttura della commedia è quella delle origini: contrasto tra giovani innamorati e vecchi repressivi, colpi di scena e rovesciamenti insperati di fortuna, con lieto fine. Ma la vera passione  dei teatranti sembra nascere dall’ interesse  per il linguaggio comico della pulcinellata classica.

Successivamente Bianco interpretò Pulcinella in Sabato, domenica e lunedì di Eduardo de Filippo. Negli anni ‘90 il Canale 21 di Napoli trasmise Nuttata ‘e sentimento, con la parte di Pulcinella affidata a Tommaso Bianco. A Bologna Bianco presenta con Massimo Macchiavelli lo spettacolo L’ ultimo Pulcinella, recitando Gli Zanni e il merlo, in cui Arlecchino e il Cetrulo cercano di afferrare un merlo per mangiarselo. E’ l’ interprete di un Omaggio a Eduardo de Filippo, in cui recita, sempre nel linguaggio di de Filippo, una sequenza di Sabato, domenica e lunedì. Cambiando radicalmente registro, in tempi più recenti ha ideato e realizzato come attore e regista una originale e dotta rappresentazione sul Pulcinella fallico.

Il teatro di Angelo Iannelli

Pulcinellate di Ciro Giorgio

Ciro Giorgio, brillante interprete di Pulcinella in alcune delle rappresentazioni di Roberto De Simone (Il Canto de li cunti, ecc.), è anche autore di pulcinellate, avendo curato i testi di Pulcinella tra gladiatori e imperatori (2001),  Pulcinella a spasso nel tempo (1987), E levete ‘a cammesella, spesso in collaborazione con (o per conto di) varie istitituzioni culturali. Il suo merito maggiore è quello di avere portato il teatro di Pulcinella all’ estero, in America in occasione delle grandi feste degli italoamericani, ma anche a Helsinki in Finlandia e a Tallin in Estonia. Secondo De Simone nelle sue interpretazioni scompare l’ attore e salta fuori la maschera napoletana.

La tombola vivente di Gaetano

Francesco Gaetano, nato a Napoli nel quartiere Ponticelli, è l’ultimo Pulcinella posteggiatore della Campania. Diventò attore in età matura, poi interpretò  esclusivamente Pulcinella, che è diventato la sua “seconda pelle”. Recita nei teatri e al ristorante Massa di Caserta, a volte ha preso parte a spettacoli televisivi. Ha recitato la parte di Pulcinella in La Tombola vivente, rappresentazione teatrale del gioco della Tombola napoletana, che si è tenuta il 30 Novembre 2014 a Napoli.

Ripresa colta della pulcinellata

Tutte li femmene di Pulecenella  di Lucia Stefanelli

L’ i nteresse ormai diffuso a tutti i livelli per Pulcinella negli ultimi anni  incoraggia il ritorno  alla pulcinellata classica (ai testi o  al loro modello) del teatro colto, rappresentato da autori che spesso sono anche attori. Lucia Stefanelli Cervelli nel febbraio 1992 scrive Tutte li femmene di Pulecenella, che sarà edito l’ anno successivo, ma intanto lo rappresenta alla Galleria Toledo di Napoli, interpretando lei stessa il ruolo di Zeza mentre Franco Castaldo recita da Pulcinella. Le pretese teoriche rimediano all’ eccessiva leggerezza di questo teatro, anche a costo di risentire  eccessivamente delle acquisizioni colte  recenti: “Il ritorno di Pulcinella sul territorio magico delle origini è segnato dal matrilinearismo generazionale, che assoggetta il servo della gleba all’ antica madre campana: il rito ne scandisce i tempi dalla nascita fino all’ incontro con la Morte, unico stimolo di proiezione della specie senza evoluzione però nella continuità; ripetizione indotta dall’ ethos tribale, senza lumi di ragione, senza vera storia”. L’ opera è stata  ripresentata al teatro Sancarluccio  di Napoli nel  2012.

Le pulcinellate di Carpentieri

Il ritorno colto alla pulcinellata prende strade diverse. Se Santanelli era partito da Rossellini, Carpentieri ritorna, con una autonomia sospesa tra il rigore filologico e la libertà creativa, alla tradizione ottocentesca da cui De Simone ha preso polemicamente le distanze. Comincia con  Don Fausto, commedia  di Antonio Petito, adattata con la collaborazione di  M. Santella e  messa in scena con la regia dello stesso  Carpentieri nel 1997, alla Galleria Toledo. Con l’ opera successiva del 2001, Le ridicolose avventure di Pulcinella Petito – Inferno, Purgatorio e Paradiso – Nu surdo, dduie surde, tre surde, tutte surde, in sintonia con le manifestazioni natalizie volute dal Comune di Napoli con la Compagnia Libera Scena Ensemble, Renato Carpentieri decide di “misurarsi con i classici del teatro napoletano”. Per artisti di formazione diversa il suo punto di vista – per dichiarazione dello stesso regista e drammaturgo – risultava “strambo”, ma l’ esigenza di fondo diventava ora quella di creare col teatro “le condizioni per una nuova vivibilità delle periferie napoletane” e a questo scopo si sceglievano per la messinscena luoghi non teatrali come la palestra del centro polifunzionale di Piscinola e un Auditorium scolastico di Scampia,  praticando prezzi molto popolari e devolvendo l’ incasso a famiglie in difficoltà.

Il Progetto Mercadante di Carpentieri, Serao, Allocca, Di Ronza, L’ Abbate  

Qualche anno dopo questa esperienza Carpentieri con Lucio Allocca, Lello Serao e Tonino Taiuti elaborano il progetto “Pulcinella al Mercadante”, che è stato ancora un ritorno in grande stile ai classici della pulcinellata napoletana, nella convinzione che “Pulcinella esprima fin dal profondo dell’ anima il carattere proprio del popolo partenopeo” e pertanto sia la figura più adatta a far conoscere ai turisti la filosofia napoletana della vita. Questo lavoro teatrale e di ricerca ha impegnato il gruppo, dal 2004 al 2007, in un lavoro comune di approfondimento e di selezione delle pulcinellate classiche, che ha portato all’ allestimento e alla messa in scena al Mercadante di un buon numero di testi: Le statue movibili di Petito (2004); Quatto commedie dinto a una di Pasquale Altavilla  (2005); Le due gemelle di Anonimo (2005); ‘A morte dint’ ‘o lietto ‘e Don Felice di  Petito (2007);  Nu Pulcinella, duie Pulcinella, tre Pulcinella, commedia di Filippo Cammarano, ridotta a un atto unico; Pulcinella vendicato, farsetta di  Francesco Cerlone (1765/1802), riproposta da Lucio Allocca nel 2006: la nota storia di amori contrastati, con l’ intervento di un aiutate magico, che dona a Pulcinella una bacchetta magica con la quale può produrre tutte le apparizioni che vuole e che gli servono e, dopo il lieto fine, il Cetrulo stesso distrugge lo strumento dei suoi incantesimi.

A conclusione dell’ esperienza del Mercadante, gli organizzatori scrivono: “L’ oggetto della ricerca è stata la nostra tradizione teatrale, fornendo ipotesi sperimentali di interpretazione: la semplice pratica di questo teatro è stato un tentativo di esercitarsi nella leggerezza. Pulcinella ha fatto da guida e ha movimentato il Ridotto del Teatro Mercadante, con spettacoli “chiassosi” e ricchi di colore, alla ricerca dell’ energia  degli elementi primordiali del teatro: la forza della maschera, del gesto, del movimento e dell’ intreccio”.

‘O Paparascianno di Mariano Rigillo

Nell’ ottobre 2012 il noto attore napoletano Mariano Rigillo ha interpretato il ruolo di Pulcinella al Teatro Galleria Toledo di Napoli nella commedia ‘O Paparascianno (ossia il barbagianni, il babbeo), opera di Antonio Petito (1872). Tutto (trama, personaggi, linguaggio) ripropone il modello e l’ armamentario della pulcinellata classica, compresa l’ immagine del Cetrulo “riformato” da Altavilla e dallo stesso Petito: una giovane donna è promessa dal padre a un anziano ricco, ma non gradito alla ragazza, che ama invece e spera di sposare il giovane Frongillo. Pulcinella, capo musico, nel suo ruolo tradizionale di soccorritore e deus ex machina aiuta i due innamorati, avviando la vicenda al lieto fine.

Per Rigillo Pulcinella è “quella parte di Napoli popolare che ciascuno ha dentro di sé, a volte senza saperlo. E’ anche un simbolo dell’identità popolare e borghese allo stesso tempo, perché si tratta di un personaggio rivoluzionario”, un “veicolo di presa di coscienza di una napoletanità perduta in cui i cittadini possono riconoscersi per un riscatto che prima o poi deve avvenire”. In questi anni in cui cresce la domanda di conoscenza della città sull’ onda di uno sviluppo turistico senza precedenti, l’ attore ritiene che “il repertorio teatrale napoletano pretende che Napoli abbia una scuola specifica per questo tipo di teatro, perché un turista deve sapere dove poter trovare Pulcinella”.

Ancora Petito

Nella tradizione colta si colloca una farsa ancora di Petito, Nu surdo, due surde, tre surde, tutte surde, con musiche e canzoni, tenuta nel Teatro dei Templi di Paestum, per conto del Comune di Capaccio, nel luglio 2015, all’ interno della rassegna “Pulcinella in Accademia”. Lo spettacolo, con la regia di  Tonino Di Ronza, è stato un omaggio allo scenografo Lele Luzzati che ha riletto il testo classico di Petito.  Evento realizzato dalla Scuola di Scenografia dell’ Accademia di Belle Arti di Napoli, in collaborazione con la Scuola di Fotografia, Cinema e Televisione della stessa Accademia.

Al Teatro Primo di Napoli vanno in scena nel 2017  tre Pulcinelli: uno con maschera e abbigliamento tradizionali, interpretato da Rosario Ferro; un secondo con la maschera rossa, per esprimere – interprete, autrice e regista ancora Lucia Stefania Cervelli – il magma da cui emergono i rigoli della storia di Napoli; il terzo interamente in nero, che annuncia il confronto con la morte, recitato da Arnolfo Petri.

Le pulcinellate “riflessive” di Vanda Monaco  

Nel 2009 Vanda Monaco, studiosa del teatro di Pulcinella, drammaturga e regista,  elabora con Silvia Mei il progetto “Apettando Pulcinella” con il proposito di offrire “un panorama di prassi e  poetiche differenti sulla maschera scenica”, in collaborazione con il Dipartimento di Musica e Spettacolo  di Bologna e di  altre istituzioni  accademiche. Nella fase operativa si realizzano rappresentazioni e laboratori come  La prima volta di Pulcinella, in cui un allievo  esordisce come attore mettendo la maschera: “sarà anche la prima volta di un Pulcinella diverso, perché diverso è  lo sguardo dell’ attore dietro  la maschera”. Ideazione e testi sono di Giuseppe Esposito Migliaccio, che ha curato anche la regia insieme a Vanda Monaco.  Pulcinella 1 e 2 ovvero la colpa è sempre della scarpa è invece Work in progress di e con Vanda Monaco e Marco Grosso, che sono anche gli ideatori e autori dei testi, mentre le maschere sono di Stefano Perocco di Meduna. Pulcinella è un bastardo “vuole connettere la tradizione della nota maschera napoletana con una contemporaneità fulminante, estrema e provocatoria. Non più popolare, semmai “pop”; lo spettacolo remixa figure, temi, musiche e personaggi del nostro immaginario odierno: schegge rap-hip hop e il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, Pier Paolo Pasolini piuttosto che Patty Pravo. Un lavoro divertente e irriverente che “ritrova in una nuova forma l’ indole caustica e ‘bastarda’ della maschera più famosa del mondo”. In scena Vanda Monaco e Paolo Nikli, regia di Fabio Acca, drammaturgia di Fabio Acca e Vanda Monaco. Rappresentata a Ferrara, nel marzo 2009. Nel Seminario sulla Maschera “si alternano le voci e i corpi contraffatti di singolari e rappresentativi attori del teatro fisico italiano. L’ antico strumento teatrale diventa oggetto”. Dimostrazioni di Antonio Fava, Claudia Contin,  Donato Sartori e Vanda Monaco, con la quale  si approda alle “riappropriazioni in chiave popolare della tradizione di Pulcinella”.  In Pantalone e Pulcinella ovvero l’ affare della Pollastrella  e della monnezza gli autori si aprono all’ attualità della politica, con un Pantalone che si fa ricco col traffico della monnezza con la collaborazione di Pulcinella complice e servo. Lo spettacolo mostra il lato oscuro e violento della Commedia dell’ Arte, con il regista  Ruggiero Cara che trasforma la sua comicità in un incontro di boxe che “ferma la risata a metà strada”. Ideazione e testi di Eleonora Fuser e Vanda Monaco, maschere di Stefano Perocco di Meduna.

Fuori Napoli

Pulcinella cornuto immaginario di Facciolli

In molti teatri dell’ Italia meridionale è stata  rappresentata dal 2010 la nota commedia  Pulcinella cornuto immaginario di Molière,  che il regista Francesco Facciolli ha riproposto con rigore, ma senza rinunciare a contaminarla con antichi canovacci della Commedia dell’ Arte, sostituendo Sganariello con Pulcinella, il cui ruolo è interpretato da Luca Sargenti. Ritorno, senza intenzioni di restauro,  per riproporre con spirito nuovo quando di intrinsecamente moderno c’ era nel teatro dei comici dell’ Arte: il regista ha fatto in modo che, catapultato in trame governate dalla trasgressione, dalla comicità e dallo sberleffo, lo spettatore smettesse il suo ruolo passivo ed entrasse  attivamente “a far parte dello 

spettacolo, dove niente è definito, nulla è fisso, e l’ improvvisazione e la partecipazione ogni volta determinano nuovi scenari ed imprevedibili finali”. Rappresentata in vari teatri del Meridione dal 2010 in poi.

All’ Università del Colorado nel 2014 è stata rappresentata la commedia Disgrazie di Pulcinella, performance degli studenti italiani.

La nuova commedia in musica

Abbiamo visto come la diversa attenzione alla maschera di Pulcinella degli artisti  del secondo Novecento fosse anche una reazione ai sociologismi di scuola e al patetismo che avvolgevano la sua esistenza teatrale. La stessa insofferenza si ritrova nel teatro di qualità, soprattutto nella Commedia in musica con Pulcinella, nata nel secolo XVII come re-invenzione delle classi colte che si appropriavano dell’ esperienza delle classi popolari come contrappeso realistico e correttivo comico all’ eroismo convenzionale e asfissiante e al patetismo astratto dell’ opera seria: la riforma del naturalismo,  il ridimensionamento del vitalismo plebeo e le connotazioni positive con cui il la cultura “superiore” restituiva al popolo il “suo” Pulcinella,  non impediva al popolo di riconoscersi nel personaggio in cui nel corso di un secolo aveva imparato a specchiarsi. L’ opera comica operava così un compattamento en bas degli ordini sociali, analogo a quello che l’ opera seria compiva en aut.  Il genere ideale, dunque, per creare complicità e connivenze emotive e culturali tra le “due città”.

De Simone e il desimonismo

Proprio nel genere della Commedia musicale  (nel quale, almeno a Napoli, Pulcinella ha sempre goduto  di una indubbia centralità) si è trasferita,  per merito di Roberto De Simone, la reazione ai modelli ottocenteschi e  al gusto inaugurato da Eduardo de Filippo. Già le sue prime opere, come abbiamo visto,  per sua esplicita dichiarazione (che si può leggere nel Canto de li cunti del 1993) , erano il rifiuto di  quei modelli e di quel gusto a vantaggio di un ritorno al Sei-Settecento napoletano: “Il mio teatro non deriva assolutamente dalla tradizione partenopea ottocentesca, scarpettiana e poi eduardiana, ma nasce dall’ esigenza di rapportarsi a uno stile di suoni e di parole idealmente più vicino alla produzione che va dal Cinquecento al Settecento, rifiutando a priori ogni rappresentazione viscerale della passionalità napoletana”. Prima ancora ha riproposto, nel 1982, nella forma di commedia musicale, La Lucilla Costante di Silvio Fiorillo, che ha restituito alla cultura moderna un Pulcinella barocco, notevolmente diverso da quello dell’ Otto-novecento.  Operazione analoga alla creazione successiva del Don Giovanni e Pulcinella, del 1990,  inserita nel Canto de li cunti sopra ricordato. Con quest’ opera il musicista  aveva messo  a punto la sua ermeneutica, che aveva cominciato ad elaborare all’ epoca delle sue ricerche sulla Zeza e sul Pulcinella carnevalesco. Ma Don Giovanni era solo l’ inizio di una nuova passione intellettuale.

Nel 1995 De Simone ripropone  Il convitato di pietra,  farsa di Giovan Battista Lorenzi musicata da Giacomo Tritto, rappresentata nel Teatro di Corte del Palazzo Reale di Napoli. Egli ne è il regista, oltre ad aver orchestrato i recitativi e aver scritto  un intermezzo, un dialogo sulle donne tra  Don Giovanni e un Pulcinella delle guarattelle, che aspira a  essere una “lettura trasversale” della vicenda mitica,  una lettura del “sottotesto”, che  illustra in incontri accademici e in interventi giornalistici: l’ esuberante  e straripante folklore etnico napoletano, evocato da Lorenzi-Tritto o da Tritto-De Simone, non è semplicemente il contesto che funge da cornice, ma è  una risorsa per  leggere le opere dell’élite non solo con le cifre dell’ alta cultura, ma anche alla luce della cultura popolare,  dei suoi tabù, dei suoi riti e miti: una pratica di lettura in  quegli anni sollecitata e legittimata dall’ esempio di Bachtin, tradotto in italiano nel 1979, e avviata da De Simone già all’ epoca delle sue ricerche sul Carnevale campano. Nel folklore De Simone scava i significati latenti dei miti di matrice popolare del Don Giovanni (il convito, il banchetto col morto ecc.), indagati con i metodi della folkloristica e spiegati secondo suggestioni junghiane (non a caso ha fatto precedere lo spettacolo da un convegno con un autorevole junghiano come Luigi Zoja), come figurazioni mitiche del culto popolare della morte e dei rituali funebri. Per il resto l’ opera è un accumulo prevalentemente intuitivo di scene, costumi, modelli, eventi che seconda l’ estro dell’ artista indipendentemente  da ogni logica temporale.

Nel 2007 al Mercadante di Napoli si rappresenta Là ci darem la mano, in cui De Simone si confronta con Mozart, dichiarando di operare “un travestimento mozartiano, in due tempi, su testi di Puskin, Molière e Da Ponte”. In che modo? col  capovolgere i ruoli soprano/tenore, baritono /mezzo soprano,  “cambiarne i connotati – scrive Laura Valente – , travisarne i colori, schematizzarne la partitura, invertirne i ruoli vocali, farne una fotocopia con un pennarello timbrico”: un “metaforico convito musicale, di pietanze condite col sale del consumo e della contemporaneità” (De Simone), col coinvolgimento dei burattinai  Stefano Giunchi, Luca Ronca, Brunello Leone.

Don Giovanni  di Scaparro – Barra

Una operazione affine e al tempo stesso diversa compiono Barra e Scaparro, portando sulla scena (a Vicenza nel settembre 2001 e poi al  Mercadante di Napoli nel mese successivo), nella forma recitata, musicata e cantata, Don Giovanni, l’ opera secentesca di Tirso da Molina, su cui vengono innestati la versione di Andrea Perucci e alcuni canovacci della Commedia dell’ Arte, con la collaborazione drammaturgica di Edo Bellingeri e Myriam Tanant e musiche di sapore napoletano di Nicola Piovani e Germano Mazzocchetti. Figura centrale dello spettacolo risulta Peppe Barra, interprete brillante di Pulcinella, nel ruolo tradizionale di ambiguo grillo parlante e insieme doppio di Don Giovanni. Anche per merito suo la commedia diventa intreccio di burle e di inganni più che di piaceri e di amori trasgressivi. L’ opera aspira a restituire la forma originaria della vicenda, e lo fa sacrificando la purezza del testo al gusto di una contaminazione orientata da una inesauribile, giocosa levità. 

Pulcinella vendicato di Florio

Rimaniamo all’ interno di una esperienza di alta professionalità con la farsa in un atto, riproposta con buone intenzioni filologiche, con sfoggio di strumenti settecenteschi e con il vantaggio di una sorprendente riscoperta, al Teatro Bellini di Napoli, Pulcinella vendicato di Paisiello, preparata da Antonio Florio per l’ Autunno Musicale Napoletano nel 2011. La farsetta era stata rappresentata la prima volta al Teatro dei Fiorentini di Napoli nel 1770, e poi ripetuta un centinaio di volte lo stesso anno. Partendo dal libretto settecentesco, musicato prima da Giacomo Insanguine e poi da Paisiello, Florio e l’Orchestra della Pietà de’ Turchini ne hanno curato la realizzazione, con Giuseppe de Vittorio protagonista e Davide Livermore regista.

Il testo è di Francesco Cerlone, che nel suo contributo all’ operetta aveva trasposto la realtà popolare nel suo folklore e aveva ingentilito le istanze naturalistiche dell’ opera buffa del primo Settecento  napoletano nelle trame della fiaba di magia.  La farsetta ha inizio con la fortunata “mattinata” di Pulcinella (Gioia de st’ arma mia, cara nennella), poi imitata da Ferdinando Russo, Libero Bovio e Pasquale Ruocco. E’ rivolta a Carmosina, di cui Pulcinella è innamorato senza fortuna, e per questo è tentato di morire, ma lo distrae dal proposito la scoperta di un barilotto in riva al mare: lo stura, e ne viene fuori un genio, che vuole ucciderlo, ma il Cetrulo lo convince a mostrargli, prima, come sia potuto venir fuori da un contenitore così piccolo; il genio abbocca, e a titolo di dimostrazione rientra nel barile, che Pulcinella si affretta a tappare: lo farà uscire in cambio del suo aiuto, e con una bacchetta magica da lui fornitagli spedirà i suoi avversari sul Vesuvio; Coviello, suo rivale, sarà trasformato in asino e poi in orologio, e infine sarà bastonato da folletti. E’ la materia della novella Il pescatore e il genio delle Mille e una notte, che però Cerlone aveva riproposto nelle forme del linguaggio, ormai canoniche, del Cetrulo e in cui aveva inserito tematiche che, già immemorabilmente pulcinellesche, sarebbero rimaste fino ai nostri giorni nel repertorio del teatro di figura.

Il modello filologico che ispira l’operazione ha distratto i produttori dalle facili contaminazioni, ma non del tutto da qualche concessione, peraltro marginale, alla attualità, come quando “attorno ad un  Vesuvio fatto di grandi scatole di pomodoro che  nel finale si rovesciano sul palcoscenico, si affacciano e si mescolano – in una contaminazione costante, che strizza un po’ l’ occhio all’ iconografia ‘trash’ di Tano da morire – altarini a San Gennaro, un somaro con la maglia di Maradona, costumi che rimandano a pizze, mandolini, caffè e pummarole” (P.P. De Martino). 

“Il Pulcinella vendicato impone alla memoria del pubblico la rinnovata esistenza della maschera, e annuncia in questo modo il suo battesimo”.  La farsetta “guadagna simpatia per la sua immediatezza, per la costruzione impeccabile, per l’ attenzione che mostra alla scena.  L’ orchestra “lavora di fino, forte di un suono morbido, suadente, sempre più compatto” (A. Tarallo), e Giuseppe De Vittorio “ci regala un’interpretazione di Pulcinella da antologia, degna dei Petito e degli altri interpreti famosi, di un’intensità unica, nelle arie melodiche e patetiche, da far venire i brividi, ed ammagliante nella sua guittoneria  nelle scenette buffe e nei recitativi, da scuola” (contrappuntoblog).

Giovanni Paisiello – Pulcinella vendicato nel ritorno di Marechiaro (1769)

Mozart e Pulcinella. Serenata buffa di una notte napoletana di  Aversano

In operazioni minori  Pulcinella domina la scena insieme a Mozart, tra le musiche dei più brillanti compositori napoletani del Settecento.  Il grande musicista e la maschera   vivono una serie di avventure nella Serenata buffa di una notte napoletana di Gianni Aversano (2010). In una delle scene Pulcinella dedica alla sua amata una serenata sulle note di Paisiello e Pergolesi, mentre un quattordicenne  Mozart osserva la scena dalla finestra, rapito dalle bellezze di Napoli. Rielaborazioni di brani celebri di Mozart e classici della Commedia dell’Arte napoletana arricchiscono lo spettacolo.  L’elaborazione dei testi è di Aversano, che interpreta Pulcinella, gli arrangiamenti musicali sono di  Domenico De Luca.

Mozart alla corte di Pulcinella di Carlo Faiello

In  Mozart alla corte di Pulcinella  di Carlo  Faiello (2014) il grande musicista legato alla città di Napoli  incontra  Pulcinella  nell’aldilà, dove il Cetrulo è custode delle anime dei defunti napoletani, e gli chiede di “essere ospitato” nel girone dove dimorano i morti partenopei. I  protagonisti vagheranno per i vicoli della Napoli del Settecento, accompagnati dalle  musiche di Pergolesi, Paisiello e Cimarosa. Gianluca Mercurio (percussioni), con Lorenzo Traverso al pianoforte.

Pulcinella vendicato dagli incanti di Virgilio in un uovo di Sirena di De Chiara

Pulcinella vendicato dagli incanti di Virgilio in un uovo di Sirena è una commedia musicale rappresentata nella sede del Nuovo Teatro di San Carlino in via S. Biagio dei Librai nel dicembre 2013. Mescola due testi fondamentali, il Pulcinella vendicato di Francesco Cerlone, musicato da Giovanni Paisiello, e Gli incanti delle Maghe per la nascita di Pulcinella dalle viscere del Monte Vesuvio di Giacomo Marulli, rifacimento di un testo più antico. Autore dell’ opera è Giuseppe De Chiara, che è anche il regista ed interpreta Pulcinella, le musiche sono di Stefano Busiello, che ha contaminato la musica della commedia buffa settecentesca con la musica moderna, dal rock al jazz.

Benedetto Croce incontra il San Carlino di Oreto

Nel giugno del 2014, con la direzione artistica di Lucia Oreto, il Nuovo Teatro Stabile San Carlino presenta un nuovo spettacolo di lettura e interpretazione di testi di Benedetto Croce e di poeti napoletani, all’ interno di una trama di narrazioni, musiche e canti in cui è protagonista il filosofo napoletano, ma anche Pulcinella,  felicemente interpretato da Angelo Iannelli.

Pulcinella, la Sciantosa e il Gran Maestro del Teatro Murìcena

L’opera Pulcinella, la Sciantosa e il Gran Maestro  “mescola la tradizione della maschera e del varietà con i canoni contemporanei e artistici della Street Art”. Questa la trama: Pulcinella (Antonio Perna) ama la Sciantosa, la insegue per tutto il mondo, finché i due arrivano a Napoli, città dell’amore e delle canzoni amorose, dove Pulcinella decide di dichiararsi con l’aiuto del Gran Maestro di musica e del pubblico. La storia si sviluppa tra canti e balli. Prodotta dal Teatro Murìcena e promossa nell’ ambito del Giugno dei Giovani 2015, l’ opera è stata rappresentata nelle piazze più importanti di Napoli.

Nelle altre regioni italiane

Il convitato di pietra di Tritto-IpataTritto – Ipata – Bonajuto

Si tratta di una versione fedele del Convitato di pietra di Giacomo Tritto, rappresentata al Teatro dei Fiorentini a Napoli nel 1783, che viene riproposta al teatro Verdi di Pisa nel novembre 2015, con l’ orchestra diretta da Carlo Ipata, la regia di Renato Bonajuto, Daniele Piscopo nella parte di Pulcinella, e la regia di Renato Bonajuto, che così ha descritto la sua poetica: “Se nelle mie precedenti esperienze registiche con il Don Giovanni  mozartiano ho scelto con convinzione la strada dell’ attualizzazione, qui invece tutto sarà pienamente dentro una cifra volta a rendere appieno il senso di quella tradizione, cercando di restituire lo spirito sia della Commedia dell’ Arte e della figura di Pulcinella nell’ immaginario collettivo, che della macchineria teatrale barocca, attraverso retroproiezioni che richiameranno quadri e incisioni d’ epoca”. 

Pulcinella alla corte di Re Pantalone di Moretti

Come abbiamo anticipato, Roma e il Lazio sono stati storicamente la seconda realtà italiana in cui le tradizioni di Pulcinella hanno attecchito. Non ci ha sorpreso perciò constatare come il successo napoletano di Pulcinella  determinasse come contraccolpo una più modesta rinascita dell’interesse per la maschera napoletana in quella regione. In Pulcinella alla corte di Re Pantalone il Cetrulo fa propositi di onestà e saggezza, perché ambisce a diventare buffone di corte. Musiche originali, scene e arredamento Antonin di Santantonio, compositore Lino  Moretti, che interpreta il ruolo di Pulcinella. La produzione è della Compagnia delle Stelle, il debutto al Teatro Sistina di Roma nel 2003.

Esplode il balletto

Stravinskij  e Picasso a Pompei e a Napoli

Dal 27 al 29  luglio 2017 al Grande Teatro degli scavi di Pompei si fanno  rivivere i personaggi e la musica del balletto Pulcinella  di Stravinskij, con la coreografia di Léonide Massine ripresa da Lorca Massine, scene di Picasso ricostruite da Maurizio Varamo, costumi dello stesso Picasso ricostruiti da Anna Biagiotti, interpreti  i primi ballerini, i solisti e il corpo di ballo del Teatro dell’ Opera di Roma. Picasso si era rifatto all’ esperienza del cubismo, scomponendo la scenografia in figure geometriche, ma al tempo stesso aveva inaugurato con queste scene il surrealismo.

Nel balletto, che apre la  fase neoclassica di Stravinkij,  in cui il musicista, riscoprendo i testi originali del secolo XVII e confrontandosi con essi, guadagna distanza dai modelli della tradizione popolare russa, il  trattamento della materia è (involontariamente) parodistico, secondo i paradigmi dominanti nella percezione colta del mondo popolare, che non escludeva, nei casi migliori, una reale fascinazione di un mondo vernacolare  conosciuto sia direttamente sia attraverso la mediazione del teatro  della Commedia dell’ Arte e del teatro delle Maschere.

La figura del Pulcinella tradizionale ne esce rinnovata: Stravinskij rielabora in maniera moderna quello che trova in Pergolesi, e Massine per supplire alla presunta mancanza di espressività del volto di Pulcinella coperto dalla mezza maschera, “crea una coreografia non solo ricca di elementi pantomimici, ma in grado di modellare espressivamente il corpo del danzatore”. 

Come iniziative collaterali, l’ Antiquarium di Pompei espone i costumi  disegnati da Picasso, confrontati con una raccolta di Maschere dell’ Africa e del mondo classico. A Napoli invece  si organizza  a Capodimonte la mostra dei bozzetti eseguiti da Picasso per il balletto di Pulcinella e nella Sala da ballo si ospita il Sipario per Parade proveniente da Centro Pampidou parigino, la più grande tela dello stesso Picasso, insieme a marionette e pupi della maschera napoletana della prestigiosa fondazione “Almine y Bernard-Ruiz-Picasso para el Arte”.   

L’ evento scatena l’ orgoglio del ceto colto cittadino, che va a vantaggio dell’ immagine di Pulcinella, a torto o  a ragione ritenuto meritevole di aver “fatto nascere il surrealismo a Napoli” nel nuovo immaginario collettivo. Il riferimento è soprattutto ai fatti di un secolo prima, quando l’ incontro a Napoli di  Picasso, Massine, Diagilev, Cocteau e il loro rapporto con la gente e la cultura popolare di Napoli si era trasformato  in una esaltante esperienza di vita, che Cocteau così raccontò alla madre: “Credo che nessuna città al mondo possa piacermi più di  Napoli. L’ antichità classica brulica, nuova di zecca, in questa Montmartre araba, in questa enorme  kermesse che non ha mai sosta. Il cibo, Dio e la fornicazione, ecco i moventi di questo popolo romanzesco. Il Vesuvio fabbrica le nuvole del mondo. Il mare è blu scuro. Scaglia giacinti sui marciapiedi”.

Nelle altre regioni italiane

Stravinskij  di Dalla

Pulcinella, il  balletto con canto in un atto, composto da Igor Stravinskij sulla base di musiche originali di Giovanni Battista Pergolesi, Domenico Gallo e altri, ispirato alla pulcinellata  settecentesca napoletana I quattro Pulcinella,  nel 1988 viene riproposto da Lorca Massine (con Carlo Scardovi come Pulcinella) al Teatro  dell’ Opera di Roma e più recentemente (2007) anche  da Lucio Dalla,  che trasferisce  l’ azione a New York. Questa la trama: Pulcinella è corteggiato da ragazze, alle quali si nega, perché innamorato di Pimpinella. Clorindo e Florindo, ingelositi, lo aggrediscono e credono erroneamente di averlo ucciso. Si  fa il funerale del presunto morto (che in realtà è Furbo, amico di 

Pulcinella, che si finge tale), durante il quale un Mago, nel quale si cela Pulcinella, promette di resuscitarlo, ma il trucco si scopre ed è parapiglia. Coviello e Florindo si travestono da Pulcinella per fare colpo sulle ragazze, sicché ora sulla scena ci sono quattro Pulcinelli che ballano con le donne. Furbo e il Cetrulo fanno in modo che si formino le coppie e si approdi al lieto fine. Il complesso intreccio del balletto (che comunque si dispiega per lo più in maniera autonoma rispetto al testo) è derivato dal manoscritto settecentesco I quattro Pulcinella.

Pulcinella di Siani

Per avere altre idee su come sia cambiato il balletto negli ultimi anni si può prendere in considerazione il Pulcinella di Virgilio Siani, con musica di Michele Rabbia eseguita dall’ autore, realizzato con la collaborazione della Fondazione Cucinelli e del Teatro Stabile dell’ Umbria e inaugurato nel febbraio 2017. Un ciclo di danze eseguite da Pulcinelli, la cui più grossa novità è costituita nell’ assumere l’ irregolarità e la goffaggine dei corpi e dei movimenti  come una scommessa per proporre una oggettivamente controversa malìa dell’ imperfezione, “esaltando la bellezza di tali imperfezioni quale strumento sublime inscritto nella fragiltà e nella debolezza”.  Lo spettacolo prenderebbe forma proprio “nell’ armonia di queste incrinature, compagne dell’ uomo nel corso della sua vita”.   

Pulcinella un, due, tre di Diana Ferrara

Il balletto Pulcinella, un, due, tre ha debuttato nel 2008 al teatro Greco di Roma nel 2009 ed è stato riproposto anche negli anni successivi in teatri italiani e stranieri. La compagnia “Astra Roma Ballet” è una creazione di Diana Ferrara, Prima ballerina Etoile del Teatro dell’ Opera di Roma.

Pulcinella a Roma

A Roma, che fu forse la seconda patria di Pulcinella, dalla Commedia “ridicolosa” a Petrolini, c’era nel secolo passato un ragazzo di quindici anni, Manuel Permazza, leader di una compagnia di quindicenni, che si riproponeva di rilanciare la fortuna di Pulcinella con la sua baracca di burattini, pensando soprattutto a un pubblico giovane in difficoltà o emarginato, recitando con successo in Piazza Navona. Negli anni successivi quel ragazzo è diventato il più attivo rappresentante del Teatro napoletano in Roma.

Manuel Permazza

Permazza è di chiara formazione napoletana, avendo ereditato tutto ciò che concerne Pulcinella da Roberto e Claudio De Simone, ma anche dal filone più autenticamente popolare rappresentato da Carmine Coppola oltre che da  De Muto e dalla tradizione della pulcinellata ottocentesca. Da questi modelli ha assimilato il  linguaggio verbale e gestuale, che è quello della pulcinellata classica passata attraverso il gusto e la poetica di De Simone, la cui influenza si avverte fin nel costume; la maschera facciale è quella in Giancarlo Santelli e della famiglia Sartorie, e per tramite loro rinvia  ai calchi conservati  nei musei. Lavora insieme alla moglie Alessia Luongo, e con lei dirige la compagnia Pulcinellarte, che ha contribuito alla rinascita della pulcinellata, proponendo e rielaborando testi quali Pulcinella alla corte dei miracoli, Le 99 disgrazie di Pulcinella, I due amanti di Lauretta, Le metamorfosi di Pulcinella, oltre a organizzare festival (Pulcinellando) e rassegne teatrali (Pulcinellamania). Nel suo teatro si suonano antichi strumenti a iato come i tamburi a cornice, il chitarrino battente e la chitarra ottocentesca. 

Pulcinella gobbo del Quarticciolo

Pulcinella gobbo del Quarticciolo in cui la maschera napoletana interpreta da Giuseppe Albano, giovane partigiano e brigante, entrato nelle leggende romane col nome di gobbo del Quarticciolo. Il testo deriva da un romanzo di Massimo Recchioni e Giovanni Parrella.

Le graziose 99 disgrazie di Pulcinella. Un’antica pulcinellata, già sviluppata dal romano Mancielli nel Settecento, ha ispirato questa rappresentazione di Manuel Pernazza.

Pucinella e la Malora Nera. È un tema tipico del teatro di figura: Pulcinella fa la serenata a Teresina sua fidanzata, e addentato da un cane è contrastato dalla strega Malora Nera.

Cento lire. Scene sulla storia di Pulcinella, regista Federico Moschetti, drammaturgia di Irene Scialanca.

In mezzo a queste rappresentazioni ha luogo un seminario, Pulcinella animus sull’arte di interpretare il teatro del Cetrulo.

La Nuova Commedia dell’Arte

Risorge la commedia del corpo

La Commedia dell’ Arte dei secoli XVI-XVIII era il risultato di diverse componenti, tra cui il plurilinguismo, il nomadismo, il cosmopolitismo, il teatro del corpo, l’ improvvisazione (con scenari, canovacci, repertori), i lazzi, l’ acrobatismo, il predominio dell’ attore, il protagonismo del pubblico, la licenziosità, gli eccessi. Con l’ aggiunta del canto e della musica, elemento unificante e catalizzatore, formavano  il teatro totale: del corpo, della voce, del suono, del movimento, delle lingue, multiculturale, dei popoli.

Con la riforma goldoniana si salvò la parte di questo patrimonio teatrale che poteva rientrare nell’ alveo della commedia “regolare” che si andava codificando, sacrificando tutto il resto. All’ interno di questo processo, al quale la cultura napoletana non rimase estranea, la Commedia napoletana si regionalizzò, e mentre il teatro delle maschere si spegneva nel resto dell’ Europa, a Napoli visse la vita prestigiosa di un teatro locale, di fatto nazionale (se si pensa non all’ Italia,  ma al Regno di Napoli), con salde radici nella cultura del luogo dove la Commedia dell’ Arte era nata e che era rimasta il suo centro vitale. Il teatro napoletano delle maschere rinunciò  ad alcuni suoi tratti, quali il nomadismo, il pluralismo linguistico, ma ne conservò, interamente o in parte,  altri, come l’ improvvisazione, le libertà dell’ attore, la lingua napoletana, la musica e le parti cantate. Una sua sottospecie importante è stata l’ Opera Buffa, che raccolse e sviluppò la parte musicale di questo teatro.

La Nuova Commedia dell’ Arte, quella inaugurata da Giorgio Strehler, Ferruccio Soleri, Marcello Moretti, Giovanni Poli, Carlo Boso, non si riconosce interamente in questo continuum, che va dalla Commedia dell’ Arte del secolo  XVI al teatro napoletano delle maschere, arrivando fino ai nostri giorni nella forma della Commedia in musica, ma aspira a far rivivere altre sue dimensioni (il teatro del corpo, lo studio posturale, il gesto, la mimica, il movimento, il multilinguismo, il multiculturalismo), alcune delle quali – date le lacune delle ricostruzioni storiche e filologiche,  che non si riescono a colmare – meramente ipotetiche. Alla fine risulta essere un fenomeno nuovo, cresciuto all’ ombra delle grandi Avanguardie europee,  un esperimento intellettuale privo di forme robuste di continuità con la realtà teatrale dei secoli XVII-XVII, ma che gioca la scommessa del ritorno alla originaria cultura del teatro del corpo, con risultati nuovi e spesso di sapiente raffinatezza. 

Antonio Fava

Antonio Fava, attore e regista di origine calabrese, che  scrive i testi, dirige la loro rappresentazione, ed  è autore delle musiche, è forse il maggiore rappresentante della Commedia dell’Arte in senso stretto in Italia. Sono sue opere: Vita da polli (i polli sono Pulcinella, Donna Zezza e il Capitano, coinvolti in una trama antica: lazzi, fame e batoste); Black Comedy alla Pulcinella (Pulcinella, Donna Zezza e Tartaglia in mezzo a maschere di rustici urbanizzati, affamati di maccheroni e di sesso); La schiava di Pulcinella (con Cecilia Di Donato e Ferruccio Fava: Pulcinella tratta da schiava la donna, ma alla fine tutto si conclude con un penoso ribaltamento): Pulcinella’s war (di Fava e del suo allievo turco Merve Engin. Perfetta nella forma di Commedia dell’ Arte); La famiglia Truonno che si fa la foto (scena farsesca con parapiglia finale); Mix Pulcinella’s war di Fava e Engin; Morte e resurrezione di Pulcinella.

Pochi come Fava hanno saputo enunciare la propria poetica, argomentando che il suo teatro  è “impostato in modo da rendere intuibile perché Pulcinella e Zanni, Petrolini e Totò, Chaplin e i Blues-Brothers e la valanga dei neocomici delle varie televisioni siano tutti, al di là delle differenze di talento e di livello artistico e culturale, imparentati e ‘infilzati’ da un  unico filo storico-culturale-umano, che principia nella natura e nel perché del ridere”. Questo renderebbe  ragione dell’ andare verso le origini, quando le strutture fondamentali del teatro si vanno formando e sono perciò stesso più percepibili: “Alla Commedia delle origini, dunque, ci siamo rifatti. Abbiamo elaborato canovacci e costruito scene, cercando di mantenerci ‘freschi’”. Abbiamo evitato il  canovaccio originale e il pezzo d’ epoca raro scritto per esteso. Nel  primo caso avremmo ripetuto lazzi abusati. La scelta del secondo avrebbe portato alla inintellegibilità dello spettacolo ed a una poco gratificante intellettualizzazione del gioco. Abbiamo preso le ‘situazioni’: quelle sono eterne, universali, fresche”. “Antiche maschere e ritmi moderni: ci è parso il modo migliore di calzare sul nostro, i volti dei Covielli, dei Pedrolini infarinati”. Dunque, ritorno alle forme aurorali del teatro per riscoprire, interpretare  le ragioni profonde delle rappresentazioni artistiche.

Luca Gatta

Attore, regista e actor trainer, il giovane Luca Gatta è forse in area campana una promessa per il radicamento  regionale e lo sviluppo  della Commedia dell’ Arte nella versione sopra descritta. Fonde con diligenza e passione studio e recitazione, assumendo la Commedia dell’ Arte come linguaggio e tradizione autonoma, nel confronto con tradizioni orientali e occidentali come il Topeng balinese, l’ Opera di Henen, la Danza degli Orixas di Salvador de Baia, la danza Sufi, il mimo e la pantomima. Lavorando sul corpo, la voce e la maschera, il training della Commedia dell’ Arte aiuta l’ attore a liberarsi del clichè dell’ espressività quotidiana e della recitazione naturalistica, utilizzando le maschere per rappresentare una archetipologia con cui costruisce la sua commedia umana. Collabora con “En Kai Pan” di Tiziana Stellato,  Stefania Bruno e Loredana Stendardo, che formano un sodalizio che mette insieme una varieta di esperienze performative, di scrittura e multimediali. Con questa cooperativa Luca Gatta  ha rappresentato dal 2014 spettacoli come La nascita di Pulcinella, El romancero de Lazzarillo,  Cunti di Sfessania,  Li tre Capitani vanagloriosi, Pulcinella e il morir d’ amore.

Enzo D’ Arco

Attore di notevole bravura, che, nato a Sala Consilina, miete grandi successi soprattutto nella Vallo di Diano e nel salernitano. Ha rappresentato con la Compagnia teatrale “La cantina delle Arti”, di cui è direttore artistico, Pulcinella giù la maschera e Pulcinella a colori. Soprattutto in questo secondo spettacolo si fa apprezzare la sua recitazione consapevolmente (direi autenticamente) “pulcinellesca”, ma anche per le musiche originali, molto napoletane, e i costumi vivaci e attraenti del cast, che si muove con perizia e grazia. Enzo D’ Arco mescola senza dissonanze lazzi e sperimentazioni, partendo  dalla Commedia dell’ Arte classica e passando per Petito, per costruire spettacoli godibili e divertenti, non privi di spessore. 

Daniele Ridolfi

Il grande tema della fame, del cibo, della gola, che attraversa la pulcinellata per oltre quattro secoli, trova una sua singolare attualizzazione nell’ interpretazione  dell’ attore  Daniele Ridolfi, diventato  il Pulcinella famelico e ingordo nel teatro gastronomico di Barcellona, con testi di Roberto Costantini, e la direzione di Camille Payet, che si avvalgono del Catering Consulting di Luca Scarpo & Regioni d’ Italia. Il banchetto di/con Pulcinella, migrante italiano, convinto che la libertà è un pezzo di formaggio (“la libertad es un pedazo de queso”) si svolge in un piccolo locale di una vecchia casa, in cui una quarantina di persone devono sapersi adattare alle ristrettezze della sala e a spostarsi per tre o quattro volte in spazi differenti. Una deliziosa cena è  il piatto forte del veglione,  durante il quale Daniele si esibisce nello spettacolo Tengo hambre (ho  fame), disegnando una “ensalada de escenas” con gli ingredienti dei lazzi, spasimi ed eccessi  barocchi della fame, conditi di spagnolo e napoletano. Ridolfi restituisce alla Commedia dell’ Arte il plurilinguismo (italiano, spagnolo, napoletano, inglese) e l’ efficacia dell’ improvvisazione ancora in Pulcinella Stronzo y el trabajo (lo stronzo di Pulcinella e la fatica), in cui il linguaggio del corpo e quello delle voci diverse producono  “multicultural multisensorial effects”.

Ancora filosofi

Figura dell’ Annuncio

Quasi un ventennio dopo il libro  di Di Maio, il filosofo Giorgio Agamben, in un saggio semiautobiografico (Pulcinella ovvero Divertimento per li ragazzi, 2016), dedicato ai Pulcinelli di Tiepolo, identifica il Cetrulo con il messaggero che, seduto sulle macerie di un mondo, annuncia l’ avvento di una nuova stagione della storia umana. Il motivo è antico, anche se ora lo vediamo ritornare nella saggistica filosofica, con esplicito riferimento a Pulcinella. Già qualcuno, che non è più di moda citare, aveva preparato tutti alla giusta comprensione di quest’ idea, che i pensatori sembrano aver rubata  ai poeti, che per riconoscimento unanime hanno il dono della preveggenza:  “L’ ultima fase di una forma storica è la sua commedia. Gli dei della Grecia, che già una volta erano stati tragicamente feriti a morte nell’ opera  di Eschilo, dovettero  una seconda volta morire comicamente nei dialoghi di Luciano. Perché questo corso della storia? Perché l’ umanità si separi gioiosamente dal suo passato” (K. Marx). 

E’ più di un secolo che l’ alta cultura occidentale si confronta con Pulcinella  (o con quello che essa immagina di Pulcinella), per strappargli il segreto della vita e il senso della morte, specie in   analisi più recenti, spesso seducenti, seppure incerte tra la fascinazione del profondo e la levità  del divertissement,  tra la riscrittura e la contraffazione, l’ immedesimazione e l’ involontaria  parodia. Intanto, non si può non riconoscere che, per essere fatto oggetto di tanta attenzione,  qualche merito, oltre quello di ispiratore,  il Pulcinella reale deve averlo avuto.  Specie quando di lui si sono occupati scienziati che hanno fatto la cultura europea degli ultimi due secoli: Croce, Freud, Jung, Lacan. Ma poi, come dissentire del tutto da  questo modo semiautobiografico di leggere Pulcinella, se la contaminazione con  l’ oggetto di studio non è solo un buio  “essere afferrati”, perché aggiunge alla riflessione su quello che la maschera ha rappresentato,  l’ esperienza del vissuto personale e  la possibilità di conoscere la vita con la vita?

Al culmine del disincanto, il nulla

Quanto poi al pensiero di Pulcinella, che Agamben dichiara di condividere, l’ idea che sembra attraversare il suo libro è che “nella vita degli uomini la sola cosa importante è trovare una via d’ uscita. Verso dove? Verso l’ origine”. Si tratta in fondo  di quello che si è ripetuto in vario modo da qualche secolo sulla natura dionisiaca dell’ esperienza pulcinellesca e sul disordine carnevalesco come ritorno realistico e simbolico al caos originario. Altre volte però la via d’ uscita sembra essere piuttosto  la rinuncia all’ azione, che sarebbe la sostanza politica della figura di Pulcinella, nell’ impossibilità di agire altrimenti; egli “testimonia, ogni volta, che non si può agire l’ azione né dire la parola – che, cioè, vivere la vita è impossibile e che questa impossibilità è il compito politico per eccellenza”. Già un interessante Convegno internazionale del 2006 era stato aperto da un “simposio socratico” dedicato allo Ione di Platone, in cui i filosofi si ponevano il problema di interpretare il senso ultimo della figura di Pulcinella, perché essa “ci aiuta  ad illustrare e capire meglio il rifiuto decisivo del ‘Platone l’ idealista’: essa da un lato spinge “al riso estremo e all’ ilarità”, dall’ altro “mostra il mondo in uno specchio distorto di proposito, che non solo serve per criticare, ma addirittura pretende d’ essere più vero della verità stessa, e dichiara che il mondo sia semplicemente privo di senso”. Sicchè ”il riso diventa amaro, ghiacciato, proprio come il riso delle maschere dei mimi antichi”, dove lo spettacolo raggiunge i suoi limiti, e noi spettatori siamo non solo forzati a prendere le cose presentate molto seriamente, ma anche invitati a dubitare ed a trasgredire ogni ordine e senso, o tentati dal nichilismo”. In altri termini: “Pulcinella cattura e incorpora nel suo carattere, nel cuore del suo essere, la vacuità”, e “in un mondo dove Pulcinella possiede il potere di formare società, la visione distorta del nulla diventa realtà”. Su alcuni lati oscuri dell’ esperienza comica, riscritta in chiave tendenzialmente nichilista dal filosofo, aveva riflettuto (1930), con altro spirito, Mario Apollonio (Pulcinella come maschera del disincanto), e, in tempi più recenti, Domenico Scafoglio (impulsi masochistici e di autoflagellazione del picaro napoletano). Il disincanto contemporaneo era cominciato negli anni segnati dalla fine delle certezze assolute e costituiva il contrappunto quasi invisibile del “ritorno” trionfale di Pulcinella negli anni ottanta.

Nuovi usi della Maschera, dalla magia alla psicoterapia

Oggetti e usi apotropaici

Altre metamorfosi attendevano la Maschera. Pulcinella si considerava dotato dei poteri scaramantici e, come tale, ha svolto il ruolo di difensore della casa, della bottega, della città, contro la malasorte, i nemici e l’invidia. Come figura apotropaica e propiziatoria, è collegato in vario modo a situazioni di rischio, come la malattia, la morte, il gioco del lotto, ed è presente e rassicurante nei riti di passaggio, nelle nascite, battesimi, cresime, matrimoni, pellegrinaggi. Questa natura della maschera è inscritta nel suo corpo, che presenta una gobba portafortuna anteriore e spesso anche posteriore, ed altre deformità che fanno identificare i “segnati”, cui si attribuiscono poteri straordinari, ma è inscritta soprattutto  nella sua natura fallica, che ci introduce negli strati psichici più profondi, in cui affondano le radici della funzione apotropaica, e si rende riconoscibile,  in forme perfino sovrabbondanti, nelle articolazioni e nei dettagli stessi della maschera, assunta come sintesi di corpo e abbigliamento: nelle allusioni ai tratti fallici disseminati nella sua fisiognomica (naso lungo e ricurvo, mento aguzzo e sporgente, ventre prominente, berretto a punta); nelle voci e toni osceni e scatologici del suo linguaggio verbale e corporeo:  “fare le corna”,  fare le “mani in fica”,  digitus infamis, denudare il proprio sedere in faccia al proprio avversario o nemico: un gesto apotropaico-scaramantico e/o di dileggio,  immortalato in alcune statuine a partire dal Settecento,  che si ritrova nella quasi totalità delle figure similari delle culture tradizionali, specie in situazioni di guerre e litigi. Continuando, la statuina di Pulcinella con il dito medio alzato verso l’alto è notoriamente un’ allusione oscena, che proprio in quanto tale conserva un potere apotropaico, ecc.

Quando Ernest Jones nel 1916 nel suo saggio sul simbolismo identificò Pulcinella con l’organo sessuale maschile, ignorava certamente che l’intuizione della natura fallica della maschera era  già presente nell’immaginario collettivo, se non interamente nella coscienza della gente comune, che la riconosceva nella storia infinita della pulcinellata, che incessantemente si ripeteva, sulle scene cittadine, nell’arco di quattro secoli, come occasione di conoscenza, svago e rito salvifico: in parallelo, la medesima intuizione dava vita a statuine  in legno e in bronzo rappresentanti Pulcinelli esibenti il fallo o falli in forma di Pulcinelli, che inequivocabilmente esplicitavano in una inedita sintesi plastica  l’ispirazione e i significati di quel teatro.

I tratti fallici del Pulcinella del teatro degli attori, del Carnevale, del teatro di figura, dell’oggettistica apotropaica sono replicati, confermati e al tempo stesso rafforzati dalla sua associazione a oggetti, cui vengono tradizionalmente attribuite le stesse o analoghe valenze: i più conosciuti e diffusi sono il corno, il ferro di cavallo, il peperoncino, la pianta di aloe. La comune forma allungata e appuntita di questi oggetti conferisce loro valore scaramantico, trasformandoli in antidoti alla minaccia di castrazione.

È merito della psicoanalisi avere spiegato il ruolo importante della sessualità nelle tecniche anti-fascino: il principio, su cui esse si fondano, è che la stessa forza che produce il male (la sete di possesso), ha il potere di allontanarlo: il desiderio produce il malocchio e l’attività sessuale allontana il male. È inscritta nel comportamento rituale tradizionale una verità psicologica inconfutabile, che cioè la sessualità costituisca una forma possente di recupero. 

Il ballo propiziatorio con Pulcinella

Lo spirito che alimentava e dava un senso agli oggetti e alle pratiche simboliche apotropaiche è sopravvissuto in pratiche nuove o modificate. Prima tra tutte, il ballo di/con Pulcinella, diffuso nei Carnevali della Campania, ma presente anche nel teatro popolare e semipopolare, lo si ritrova ora nelle feste che accompagnano i matrimoni, i battesimi, le cresime, gli onomastici, e in qualsiasi occasione festiva familiare. Si tratta sempre di contesti popolari, e mai delle cerimonie della borghesia evoluta. Pulcinella è in maschera, e balla tra la gente. La sua presenza è molto desiderata, perché “porta fortuna”. La si ritrova perfino nei pellegrinaggi, addirittura tra i fedeli che vanno a Lourdes, con funzione di intrattenimento e di propiziazione. Una presenza che non suscita scandalo, perché la gente, soprattutto quella napoletana e meridionale, conosce il rapporto col sacro della maschera, tradizionalmente osservata tra i pastori del presepe, e, un tempo, perfino nelle chiese.  

Un significato propiziatorio e liberatorio ha ancora  il ballo della maschera doppia carnevalesca nota come La Vecchia del Carnevale, con un solo attore che interpreta sia  Pulcinella che la Vecchia da lui cavalcata. L’ interprete deve rappresentare la vegliarda che, al suono dell’orchestra, si abbandona alle mosse del ballo e contemporaneamente Pulcinella la accompagna suonando le nacchere mentre asseconda il ballo con i movimenti del corpo e delle braccia; alla danza, che è solitamente la tarantella, egli deve conferire accentuate connotazioni erotiche. La maschera, originariamente forse cittadina, oggi  si esibisce nelle strade  dei paesi campani, affollati di gente che partecipa spontaneamente alle danze in un tripudio bacchico.

Usi terapeutici

Nella contemporaneità la maschera è ancora utilizzata per gli usi tradizionali apotropaici e propiziatori, che hanno comportato un consistente incremento della sua produzione artistica e artigianale nella forma di statuine di terracotta destinate a un consumo locale e a un commercio turistico di grande diffusione. Queste statuine sono presenti nella maggior parte delle case e dei negozi napoletani, ma la novità di questi ultimi tempi è stata l’utilizzazione delle forme teatrali di Pulcinella in campo medico come ausilio terapeutico: medici e psicologi hanno provato a utilizzare l’ esperienza e le risorse del teatro di Pulcinella per fini di cura, probabilmente secondando le suggestioni suggerite dalle connessioni della maschera con gli usi e le pratiche apotropaiche, e alcuni operatori teatrali hanno seguito il loro esempio, dando vita a percorsi scenici di tipo innovativo e sperimentale. Pulcinella in qualche ospedale consente ai bambini oncologici di vivere un’esperienza catartica che li affranca temporaneamente dalle angosce di un presente ossessivamente minaccioso. Ma gli operatori riescono a catturare anche i bambini “normali”, facendoli “giocare” con Pulcinella, in sperimentazioni in cui la maschera è lo strumento per creare le condizioni perché il gioco si svolga e, nel gioco, si approdi alla rappresentazione delle proprie ambivalenze e delle proprie paure inespresse.   

Pulcinella libera tutti!  Il teatro e l’ ospedale

Se l’oggettistica pulcinellesca ha una funzione scaramantica ritenuta di indubbia efficacia, probabilmente ciò dipende dal fatto che gli uomini hanno la necessità di affidare le proprie paure agli oggetti, che diventano pseudoscudi capaci di contribuire ad allontanare il timore del male. La loro forza di attrazione e il bisogno di possederli sottintende, forse, proprio la volontà di appropriarsi del loro potere di rassicurazione. Probabilmente la forza residua della tradizione concernente questi usi e credenze e la riflessione odierna su di essi hanno ispirato nuove tecniche e nuove utilizzazioni terapeutiche della pulcinellata nel suo insieme. Valga l’esempio dello spettacolo Pulcinella libera tutti!, messo in scena nell’Ortoteatro di Pordenone qualche anno addietro: vi si rappresenta un burattino ansioso, insicuro ed affetto da frequenti crisi di panico, che si rivolge al dottor Balanzone, il quale gli applica la “terapia pulcinellesca”, che consiste nell’indossare la veste e assumere il ruolo di Pulcinella: il mascheramento con l’identificazione che ne consegue fanno sì che le proprie paure prendano forma e vengano superate.  Secondo gli autori “la terapia funziona poiché Pulcinella è un archetipo di vitalità, un anti-eroe ribelle e irriverente, sempre alle prese con le contrarietà del quotidiano, e con tutto ciò che spaventa l’uomo”. In particolare, il meccanismo di identificazione funzionerebbe con i disabili mentali, che vedono in lui il simbolo della loro condizione, perché esprime in maniera adeguata le beffe, l’emarginazione, i pregiudizi e le difficoltà di cui essi sono vittime.

Non ci stupiamo allora se in area campana già nel 1996 l’Ospedale Bianchi per la cura del disturbo mentale inserisse la rappresentazione di pulcinellate nel programma di riabilitazione psicosociale del “Progetto Ulisse”, che  – ha scritto un cronista – “ha visto protagonisti gli esponenti del variegato universo del Bianchi, ospiti, operatori, direttore, pazienti”, e i  teatranti “sono riusciti a vivere e a trasmettere a tutti emozioni e gusto di stare insieme, facendo circolare benessere”. Gli spettacoli hanno consentito a questi malati di dare valore alla propria corporeità che, pur se inserita in un ambiente protetto, è stata al centro dell’attenzione di tutti. Il compiacimento per il proprio ruolo di attore e la partecipazione attiva dei pazienti hanno prodotto non solo un miglioramento dei rapporti tra pazienti ed operatori, ma hanno anche permesso ai malati un riavvicinamento alla propria identità smarrita che è possibile ritrovare soltanto attraverso il ripensamento della propria diversità. Il linguaggio e il comportamento della Maschera sono stati gli strumenti idonei ad eliminare le barriere che solitamente separano malattia e salute. L’identificazione dei malati con il contesto teatrale ha mostrato loro che esistono anche altri mondi in cui i rapporti non sono regolati dalle rigide norme sociali, dove essere ai margini non implica l’esclusione, la discriminazione, ma semplicemente un allontanamento dal modello seguito dalla maggioranza. 

Percorsi di psico-oncologia alla Cattolica di Roma

Dal 1993 la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica (Policlinico “Agostini Gemelli”) di Roma organizza corsi di Psico-oncologia per coloro che seguono i malati di cancro e i loro familiari. Nel contesto di quest’iniziativa, nel 2005, è stato realizzato un format televisivo dal titolo Doppio sogno”, con la regia di Aldo Cilindri ed il supporto tecnico degli allievi dell’Istituto di Stato per la Cinematografia e la Televisione “Roberto Rossellini” di Roma. Questa edizione del format è nata dalla proiezione del filmato Pulcinella, Teresina e la Morte, realizzato a partire dallo spettacolo di bagattelle improvvisato in aula da tre allieve clownterapiste di uno dei corsi di Psico-oncologia dell’Università Cattolica, tenuto da Domenico Nesci e Tommaso Poliseno.

 “La scelta di questa rappresentazione – hanno spiegato gli ideatori – è legata al fatto che per persone come i malati di cancro il tema della morte ha qualcosa di familiare ed imparare da Pulcinella come bastonare la morte suscita sicuramente la curiosità generale. L’introduzione del comico in uno scenario triste e depressivo ha avuto una grande forza emotiva, che ha indotto a creare un luogo in cui quest’enorme forza psichica potesse essere elaborata e al tempo stesso utilizzata per l’apprendimento degli operatori”. I medici adducono ad esempio il fatto che la scena in cui Pulcinella si finge morto appena entra in scena la Morte, rimanda alla tanatosi appartenente alle strategie difensive primordiali non solo degli esseri umani ma di molte specie viventi, la quale, nella sua ambivalenza, può deprimere un paziente oncologico così come coloro che vengono a contatto con questo specifico pathos, ma l’evoluzione positiva dello scontro Pulcinella/Morte e il suo effetto comico consentono di ribaltare la situazione. La rappresentazione pulcinellesca, se da una parte con la presenza della Morte fa ritornare alla mente ai malati oncologici la discesa ad inferos da loro vissuta quotidianamente, perché costretti a convivere con l’idea di non riuscire ad avere la meglio sulla morte, dall’altra offre loro la liberazione dal senso d’angoscia, prodotto dalla gragnuola di bastonate che il Cetrulo dà alla Morte. La visione produce un effetto che dal piano simbolico si trasferisce a quello reale: la rassicurazione, derivante dall’assistere allo spettacolo, suscita emozioni che, se non agevolano l’efficacia della terapia, almeno consentono loro temporaneamente di prendere le distanze anche dal proprio disagio esistenziale.

Il continuum magico-terapeutico

La presenza di Pulcinella nella contemporaneità e la sua ri-plasmazione culturale è ancora  ricca di significati che  consentono alla maschera partenopea di vivere e prendere forma ancora nell’oggettistica napoletana, nelle pratiche antifascino e nelle rappresentazioni a scopo terapeutico. Se oggi persistono alcuni riti scaramantici con Pulcinella a Napoli, soprattutto a livello popolare,  e  la vasta oggettistica contro l’invidia e il malocchio col Cetrulo trova nel mercato un successo insperato, questo accade perché le sue connotazioni di amuleto e di figura salvifica affondano le loro radici nella plurisecolare tradizione pulcinellesca affidata soprattutto a quattro secoli di “pulcinellate” teatrali, nel folklore partenopeo e nella stessa cultura intellettuale di Napoli e del napoletano. Ci riferiamo in modo particolare alla vasta trattatistica del Reame della seconda metà del secolo XVIII, ancora oggi riproposta in numerose ristampe, in qualche modo connessa con l’illuminismo meridionale. Questa produzione  ha cercato di dare un fondamento scientifico alle concezioni classiche e popolari della iettatura e del  malocchio col ricorso alle spiegazioni elettromagnetiche, e di spiegare il potere degli oggetti anti-fascino (corna, cornetti, ferri di cavallo ecc.) di allontanare le influenze maligne come una sorta di parafulmini che deviano il flusso malefico. Questa letteratura, che ha i suoi maggiori rappresentanti in  P. Cirillo (I mal’occhi, 1789), G. L. Maruggi (Capricci sulla iettatura, 1788), N. Valletta (Cicalata sul fascino,  1787), recuperava gran parte dell’armamentario scaramantico con l’ausilio della “scienza”, e senza dubbio ha contribuito a rafforzare le convinzioni della gente e, quindi, indirettamente a confermare i poteri scaramantici di Pulcinella, in quanto dotato abbondantemente delle caratteristiche fisiognomiche e dei tratti caratteriali che consentono di individuare le figure che contrastano il maleficio.

A parte questo revival magico, gli sviluppi odierni rappresentati dagli usi terapeutici segnano  sotto questo aspetto un passaggio dalla magia alla clinica e alla psicologia teatrale: comune ad entrambe le esperienze è la figura di Pulcinella, alla quale si chiede un intervento salvifico, ottenendo, nel primo caso, una risposta magica, nel secondo una sperimentazione che aspira ad essere scientifica; nel primo caso abbiamo ancora una credenza che, per quanto erronea, fornisce un aiuto nelle forme della rassicurazione; nel secondo abbiamo una pratica, un percorso psicologico, che aspira alla liberazione dalla sofferenza.  Comune ad entrambi i casi è l’intenzione (non sempre consapevole) di “parlare” con, di attivare la forza psichica profonda della persona. Anche ammettendo che il precedente magico sia rimasto, nell’inconsapevolezza della speranza, “incapsulato” nelle odierne sperimentazioni, queste ultime hanno i loro addentellati non nelle concezioni magiche, né nelle teorie elettromagnetiche, ma semmai nella psicoanalisi e nelle esperienze teatrali. Se vogliamo, il magico persiste ancora nella residua fiducia, talvolta eccessiva, nell’efficacia degli esperimenti, nel proposito, legittimato da qualche limitato, ma innegabile, risultato, di attingere alle stratificazioni psichiche più profonde e alle radici dell’esperienza del male e del dolore per sortire effetti catartici. Si potrebbe forse dire che la “superstizione”, la psicologia e la teatralizzazione operano con strumenti diversi sulla stessa materia psichica, per ottenere risultati analoghi ma qualitativamente diversi. (S.D.L. – A.M.M.)